lunedì 26 agosto 2019

Val San Nicolò - Baita alle Cascate


Ieri è stato un po' faticoso. Ed era solo una passeggiata. Oggi cerchiamo di fare sul serio: percorrere tutta la valle di San Nicolò fino alle cascate, circa 18 chilometri fra andata e ritorno.
Gli sportivi del gruppo la prendono alla larga: seggiovia di Pozza Baffaure, poi Col de Valvacin e El Zedron e di là, seguendo il sentiero lungo il crinale, fino al passo San Nicolò per poi scendere giù a valle alle cascate. E questo è il punto d'incontro, dove fermarsi per pranzo.
Noi due invece percorriamo il sentiero di fondovalle, lentamente e faticosamente. Ma per prima cosa cerchiamo chi possa intercedere con lassù per garantirci delle condizioni meteorologiche decenti.
Non funziona molto bene: procediamo fra scrosci di pioggia e sprazzi di sole. Ma chi può dire? Magari senza raccomandazioni potevamo beccare forti temporali...


Diverse baite sono disseminate lungo la valle: abitazioni di una stanza o poco più, un tempo rifugio di pastori. Ma anche vere e proprie piccole ville, graziose e desiderabilissime. Fortuna che alcune hanno provvidenziali tetti spioventi che ci proteggono da un paio di acquazzoni.

Cammina cammina cammina, alla fine scorgiamo le nostre cascate incastrate fra i monti che chiudono la valle.

Forse ci aspettavamo qualcosa di più importante, ma comunque quel che vediamo ci ripaga della fatica di arrivare fin quassù. E altre ricompense ci aspettano...

La bella Baita delle cascate, con le cameriere in costume locale, le birre artigianali e gli abbondanti piatti "tipici" sono proprio quel che ci voleva dopo tanto cammino.


Anche il ritorno è guarnito di nuvole e pioggia ma tutto sommato non possiamo lamentarci. Anzi, becchiamo pure un passaggio (a pagamento) che ci risparmia qualche chilometro e qualche goccia d'acqua.



Alla fine il bilancio di questa giornata è sicuramente positivo: abbiamo camminato tanto e mangiato altrettanto, abbiamo preso pioggia ma anche sole, abbiamo visto luoghi notevoli e ne siamo rimasti incantati.
Non ultimo abbiamo apprezzato il forte senso estetico dei valligiani: anche fra mucche e pascoli, fiori dappertutto! E ornamenti, pitture, decorazioni... Pure una semplice legnaia è abbellita o almeno ordinata e impreziosita da un ciuffo di gerani. E se un tronco secco è rimasto in piedi (qui di alberi abbattuti dalla tempesta dello scorso anno ce n'è qualche milione) si può sempre scolpire, magari raffigurando una delle divinità del luogo.
Le fiabe e le leggende della Val di Fassa sono popolate di impavidi cacciatori e di bellissime fanciulle che vivono nei boschi: quella raffigurata nel tronco qui accanto potrebbe essere Soreghina, la principessa che viveva solo alla luce del sole e che per gelosia viene sorpresa dalla notte e muore fra le braccia del suo amato cavaliere.
O Conturina, la fanciulla pietrificata dalla malvagia matrigna a causa della sua bellezza. O la fata Moena cantata da Ermanno Zanoner.
Mentre ci avviamo verso il "campo base" immaginiamo le famiglie della valle, in epoca pre Internet e TV, che si raccoglievano intorno al focolare e trascorrevano le ore buie dell'inverno narrandosi le vicende di re Laurino, di sua figlia Ladina e del mitico Rosengarten.



Percorso dal "campo base" lungo la Val San Nicolò  fino alle Cascate

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