venerdì 30 agosto 2019

Lago di Carezza - Bolzano


Oggi si ritorna in formazione ridotta: siamo solo in tre impavidi a raggiungere il lago di Carezza, una comoda e affascinante meta che avevamo riservato quasi alla fine di questa settimana nel Trentino.

Si arriva al lago direttamente dalla statale che lo costeggia e comodamente si parcheggia - a pagamento - giusto dall'altra parte della strada.


Il lago è di un incredibile color smeraldo che lascia allibiti. In questa stagione la superficie è molto ridotta ma ciò nonostante il fascino del luogo non teme né la poca acqua né l'incredibile numero di turisti che assediano le rive in doppia e tripla fila.
Ma anche qui è passato il nubifragio dello scorso anno e anche qui larghe fette di foresta sono state rase al suolo. In considerazione dell'importanza turistica del sito, i boscaioli si sono affrettati a rimuovere la maggior parte degli abeti caduti, almeno quelli che erano più visibili dalle sponde del lago. Ma lì in alto resta un testimone solitario di tanta devastazione, un immagine che è addirittura più sconvolgente perché evidenzia in maniera drammatica qual era lo sky line precedente: questo declivio era tutto fitto di alberi, un compatto velluto dal quale l'abete superstite appena spuntava con i suoi rami più alti.
Inoltrandosi in quel che resta della foresta si può vedere con quanta forza queste piante sono abbarbicate alla roccia e ancor più si resta increduli nel considerare l'enorme energia che è stata sviluppata per buttarle giù.
  
La parte più o meno intatta della foresta, che prima circondava completamente il lago, riserva comunque piccoli e grandi tesori, come questo fungo che spunta fra i ciclamini. Continuando per il sentiero che percorriamo avremmo dovuto trovare anche un secondo piccolo lago, chiamato "di mezzo", ma è tale la siccità che lo attraversiamo a piedi, rendendoci conto solo al termine del tragitto di aver calpestato le erbe lacustri che crescevano nel fondo: del lago non è rimasta una sola goccia!



Ritorniamo verso il parcheggio attraverso un tunnel che passa sotto la statale: cosa non si fa per la sicurezza dei turisti da queste parti! La precauzione è indispensabile: la strada è percorsa incessantemente da grossi camion, molti dei quali trasportano tronchi diretti alla segheria più a valle.
Prima di sederci per uno spuntino a base di specialità locali, ci fermiamo a lungo ad esaminare le strutture risonanti fabbricate con il particolare legno degli abeti del posto: si può ascoltare i suoni diffusi in una sorta di cappa acustica sulle nostre teste o percuotere delle travi di varia lunghezza per apprezzare le diverse vibrazioni che si generano.


Per pranzo scegliamo Weißwurst (sasiccia bianca di vitello e pancetta di maiale) con senape e ciambella di pane Pretzel: una squisitezza! Il caffè però andiamo a prenderlo a Bolzano, sono solo 25 km.
La scelta è ottima: il caffè non è male e la città veramente bella! Le architetture di guglie e torrette, tetti spioventi e bow windows, decorazioni e affreschi, risultano fin troppo fastose, a tratti disneyane: non siamo abituati a tante ricchezze e abbellimenti.
Ma anche la gente qui è bella, sorridente, "fastosa": giovani vocianti, mamme e bambini che giocano, nonni e nipoti, immigrati che danno voci dalle bancarelle... sembra Napoli!



E non tardiamo a trovarlo un pezzo di Napoli, messo lì su una sedia fuori da un negozio, senza tanti complimenti, come qui non ci si aspetterebbe ma nella città partenopea sarebbe assolutamente normale: un napoletanissimo "piennolo" di pomodorini di montagna. Mi sa che qui gli immigrati non sono solo bengalesi...



Ovvio che qui ci siano anche architetture più antiche e decisamente spartane. E cosa c'è di più essenziale di un monastero francescano? Quello di Bolzano, ormai in pieno centro, è datato 1239. La chiesa è ancora in ottimo stato.



Questa era forse una delle porte della città? Non lo scopriamo: la targa affissa di lato ricorda solo che 109 anni fa Bolzano e Dodiciville si sono riuniti un un unico comune. Ed è stata sicuramente una buona idea: a quanto apprendiamo da un bassorilievo, qui i monaci sapevano come fare la birra...


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