sabato 31 agosto 2019
Campitello di Fassa, Col dei Rossi
Oggi ci hanno consigliato di far merenda a Campitello, alla pasticceria Marlene, lungo la strèda dò Ruf! Non solo strudel ma anche tutti i dolci e le torte della tradizione locale. Sembra proprio una buona maniera di passare il pomeriggio.
Dall'altra parte della strada il torrente scorre veloce: lo scavalchiamo passando su un ponticello e ci aggiriamo fra le case di Campitello.
Ce la prendiamo comoda, senza costringerci ad andare per forza da qualche parte. Anzi torniamo addirittura indietro di qualche chilometro (noi che andiamo sempre avanti!) per dare un'occhiata ad un parco avventura che abbiamo visto passando, a Campestrin: percorsi aerei su ponti di corde, arrampicate sui muri... cose bellissime da guardare ma non alla nostra portata. Meglio riprendere la strada per Canazei e di là proseguire l'esplorazione, senza una meta.
Arrivati a Canazei pensiamo di andare su per la Sella, ma il cielo verso nord non sembra tranquillo: scure nuvole incombono. Proseguiamo più serenamente lungo la valle e ci fermiamo molto prima del lago di Fedaia, che pur sarebbe interessante da vedere, perché scorgiamo qualcosa fra gli alberi, un passaggio, un ponticello...
...attraversiamo un torrente tumultuoso (che sicuro viene giù dal lago) per ritrovarci su un sentiero che si inoltra nel bosco...
...in un posto magico, abitato da strane creature che sembrano sporgere la testa dalla tana...
...e dove si incontrano cuccioli di abete...
...fino a giungere in una radura proprio sotto la Montagna, quella con la maiuscola: la Marmolada!
Alcuni del nostro gruppo nei giorni scorsi sono saliti fin sul ghiacciaio, ma vista da qui sotto è veramente imponente, maestosa, inquietante...
...e solo quando le ombre cominciano ad arrampicarsi sulle rocce più alte decidiamo che è ora di tornare al campo base: questa è la nostra ultima sera in Val di Fassa, domani si torna ciascuno alla sua casa e brindiamo alla partenza insieme a tre modelli d'eccezione che indossano per l'occasione capi firmati del mercato di Pozza.
venerdì 30 agosto 2019
Lago di Carezza - Bolzano
Oggi si ritorna in formazione ridotta: siamo solo in tre impavidi a raggiungere il lago di Carezza, una comoda e affascinante meta che avevamo riservato quasi alla fine di questa settimana nel Trentino.
Si arriva al lago direttamente dalla statale che lo costeggia e comodamente si parcheggia - a pagamento - giusto dall'altra parte della strada.
Il lago è di un incredibile color smeraldo che lascia allibiti. In questa stagione la superficie è molto ridotta ma ciò nonostante il fascino del luogo non teme né la poca acqua né l'incredibile numero di turisti che assediano le rive in doppia e tripla fila.
Ma anche qui è passato il nubifragio dello scorso anno e anche qui larghe fette di foresta sono state rase al suolo. In considerazione dell'importanza turistica del sito, i boscaioli si sono affrettati a rimuovere la maggior parte degli abeti caduti, almeno quelli che erano più visibili dalle sponde del lago. Ma lì in alto resta un testimone solitario di tanta devastazione, un immagine che è addirittura più sconvolgente perché evidenzia in maniera drammatica qual era lo sky line precedente: questo declivio era tutto fitto di alberi, un compatto velluto dal quale l'abete superstite appena spuntava con i suoi rami più alti.
Inoltrandosi in quel che resta della foresta si può vedere con quanta forza queste piante sono abbarbicate alla roccia e ancor più si resta increduli nel considerare l'enorme energia che è stata sviluppata per buttarle giù.
La parte più o meno intatta della foresta, che prima circondava completamente il lago, riserva comunque piccoli e grandi tesori, come questo fungo che spunta fra i ciclamini. Continuando per il sentiero che percorriamo avremmo dovuto trovare anche un secondo piccolo lago, chiamato "di mezzo", ma è tale la siccità che lo attraversiamo a piedi, rendendoci conto solo al termine del tragitto di aver calpestato le erbe lacustri che crescevano nel fondo: del lago non è rimasta una sola goccia!
Ritorniamo verso il parcheggio attraverso un tunnel che passa sotto la statale: cosa non si fa per la sicurezza dei turisti da queste parti! La precauzione è indispensabile: la strada è percorsa incessantemente da grossi camion, molti dei quali trasportano tronchi diretti alla segheria più a valle.
Prima di sederci per uno spuntino a base di specialità locali, ci fermiamo a lungo ad esaminare le strutture risonanti fabbricate con il particolare legno degli abeti del posto: si può ascoltare i suoni diffusi in una sorta di cappa acustica sulle nostre teste o percuotere delle travi di varia lunghezza per apprezzare le diverse vibrazioni che si generano.
Per pranzo scegliamo Weißwurst (sasiccia bianca di vitello e pancetta di maiale) con senape e ciambella di pane Pretzel: una squisitezza! Il caffè però andiamo a prenderlo a Bolzano, sono solo 25 km.
La scelta è ottima: il caffè non è male e la città veramente bella! Le architetture di guglie e torrette, tetti spioventi e bow windows, decorazioni e affreschi, risultano fin troppo fastose, a tratti disneyane: non siamo abituati a tante ricchezze e abbellimenti.
Ma anche la gente qui è bella, sorridente, "fastosa": giovani vocianti, mamme e bambini che giocano, nonni e nipoti, immigrati che danno voci dalle bancarelle... sembra Napoli!
E non tardiamo a trovarlo un pezzo di Napoli, messo lì su una sedia fuori da un negozio, senza tanti complimenti, come qui non ci si aspetterebbe ma nella città partenopea sarebbe assolutamente normale: un napoletanissimo "piennolo" di pomodorini di montagna. Mi sa che qui gli immigrati non sono solo bengalesi...
Ovvio che qui ci siano anche architetture più antiche e decisamente spartane. E cosa c'è di più essenziale di un monastero francescano? Quello di Bolzano, ormai in pieno centro, è datato 1239. La chiesa è ancora in ottimo stato.
Questa era forse una delle porte della città? Non lo scopriamo: la targa affissa di lato ricorda solo che 109 anni fa Bolzano e Dodiciville si sono riuniti un un unico comune. Ed è stata sicuramente una buona idea: a quanto apprendiamo da un bassorilievo, qui i monaci sapevano come fare la birra...
mercoledì 28 agosto 2019
Val Monzoni, Malga di Munciogn - Canazei
Oggi tutti insieme appassionatamente. Ma tutti tutti! Si unisce al gruppo in trasferta da Lazio e Toscana anche una coppia semi-stanziale. E in sette si va su per Val Monzoni, una diramazione di Val San Nicolò, cinque chilometri abbastanza facili: ormai siamo allenati.
Seguiamo il sentiero lungo il ruscello che scorre nella valle fino alla Malga Crocifisso. Dopo una piccola cappella si trova la diramazione per Val Munciogn (in ladino).
Dopo poco deviamo dal percorso carrabile per un sentiero che si immerge nel bosco: un po' più difficile ma indubbiamente più interessante. Anche solo il poter spizzicare direttamente dalle piante mirtilli e fragoline rende il sacrificio trascurabile. E' anche possibile incontrare cascatelle e sorgenti e alberi dalle radici piantate direttamente nella roccia: insomma una deviazione altamente raccomandabile.
Ma la bellezza può trasformarsi in orrore girando l'angolo. Qui non ci sono angoli da svoltare, ma procedendo lungo il sentiero costeggiamo una "radura" che fino ad un anno fa era una rigogliosa foresta di abeti: il 29 ottobre 2018 un furioso nubifragio ha devastato la zona, facendo soprattutto strage di alberi.
A rendere più triste la cosa, questo cartello informativo, installato evidentemente prima del disastroso evento, che descrive le peculiari qualità di questa foresta.
Purtroppo non è più possibile "divertirsi a individuare gli abeti che suonano": a migliaia giacciono a terra come in un gigantesco gioco dello Shanghai e si può solo sperare (ma sembra una speranza poco realistica) che si faccia in tempo a portarli via prima che marciscano.
Ancora una volta Google Map è tremendamente impietoso: le immagini che si vedono dal satellite e da Street View mostrano una foresta intatta, lussureggiante. Ma parliamo appunto del passato: non saremo noi a poterla rivedere così dal vero.
Non c'è che da proseguire, superare i resti di quel che doveva essere un rifugio, per giungere alla Malga Munciogn, a quota 1820.
A voler essere precisi, più che una malga questo è ormai un ristorante, sicuramente rustico ma un ristorante, molto poco genuino e "sincero". Le nostre aspettative erano diverse ma ciò non ci impedisce di mangiare abbastanza bene.
A poca distanza questa cappella sarà il punto più alto raggiunto oggi. C'è chi si stende al sole per un pisolino postprandiale e chi decide che tanto vale incamminarsi lungo la strada del ritorno.
Qualche deviazione ci porta ad attraversare strette forre dove l'acqua scorre a precipizio ma anche larghi letti di sassi, risultato dell'alluvione dello scorso anno.
Piccoli manufatti testimoniano l'amore e la cura che le genti di queste parti hanno per la propria terra: qui un abbeveratoio scavato in un tronco e alimentato convogliando il rivolo d'acqua che proviene da una sorgente. E' un oggetto fortemente deperibile che può esistere e funzionare solo grazie ad una puntuale e continua manutenzione.
Al solito riportiamo qui sotto in una mappa il cammino fatto, giusto per quantificare lo sforzo compiuto.
Ma nonostante la fatica della camminata, per nulla paghi della giornata ancora lunga e piacevolmente assolata, decidiamo per un aperitivo a Canazei: non si può venire da queste parti e dopo quattro giorni non essere ancora andati a Canazei!
Detto fatto, ci spostiamo nella ridente località sciistica che anche d'estate, e nonostante le ferite dell'alluvione, ridente e accogliente lo è per davvero.
Qui è facile incontrare, confusi fra i turisti, personaggi noti e meno conosciuti del mondo dello spettacolo. D'altronde questo è sempre stato un posto molto ben frequentato: la nobiltà austriaca e l'alta borghesia tedesca hanno da secoli Canazei come punto di riferimento. Lo si può vedere anche dagli affreschi che decorano gli alberghi con le effigi di imperatori e principi.
Quella di affrescare le facciate è un abitudine diffusa da queste parti: le due ultime immagini di questo lungo post mostrano altri due edifici riccamente decorati, la prima con i mesi e le stagioni e la seconda con gli stemmi dei paesi e i personaggi famosi della valle.
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