domenica 25 maggio 2014

Certaldo


 Seconda ed ultima tappa - almeno per noi - di questo viaggiucchio in Val d'Elsa è Certaldo, un piccolo borgo arroccato su una ripida altura, tanto ripida dal consigliare di accedervi in funicolare. Questa difficoltà naturale costituiva una buona assicurazione contro i nemici, un tempo quasi più numerosi che al giorno d'oggi.
 La cinta muraria è ora ingentilita dalla vite americana che sale su su fino ad avvolgere i merli, ma un tempo Certaldo era la spina nel fianco della Firenze del XII secolo: dall'alto della sua posizione strategica il paese controllava la via Francigena e i suoi traffici e i fiorentini non ne erano molto contenti, tanto da muovere guerra più volte al sistema di fortificazioni di cui Certaldo faceva parte. Finì che la occuparono nel 1198 per poi annetterla definitivamente alla repubblica di Firenze.
 La storia di Certaldo è lunga e complessa, come lo sono le storie di gran parte dei "campanili" italiani, in guerra per secoli gli uni con gli altri: non ci si meraviglia che gli italiani siano un popolo scarsamente unito, se si esclude l'amore per la nazionale di calcio.

 Ad una storia complicata corrisponde un architettura intricata e stratificata: ci mettiamo un bel po' a capire anche semplicemente la pianta del Palazzo dei Priori. E' tutto un incastro di edifici, di cui è difficile anche solo definirne l'uso: visitiamo quelle che forse sono state le prigioni femminili, o forse le cucine o chissà. Le celle degli uomini sono più facilmente individuabili: sono veramente orribili, piccole e buie, con i muri ricoperti di graffiti. Insomma gli uomini erano trattati molto peggio!
Molto più semplice "indagare" nelle vetrine ancora chiuse...

 Certaldo è il paese di Boccaccio, che qui forse nacque e sicuramente morì nel 1375: a lui sono intitolati la via principale, un resort e un ristorante. Probabilmente il grande poeta e novelliere non avrebbe troppe difficoltà a riconoscere nella Certaldo dei giorni nostri il paese dove visse. Forse neppure il bancomat così bene mimetizzato riuscirebbe a impensierirlo...
 Per onorarlo, ci fermiamo a pranzo sulla piccola terrazza di un locale che porta il nome del protagonista di uno dei suoi racconti più noti: l'Osteria di Chichibìo. Qui i quattrozampe sono ben accetti, forse in memoria della gru che di zampe ne aveva una sola...
 Il centro storico è abbastanza piccolo che sembra soffrire un po' per la presenza di tanti turisti: non c'è una salumeria, n on una merceria. Isomma, per chi ci abita la vita qui non deve essere poi facile. Ma i tanti diventano pochi se si parla con chi di turismo vive, per esempio con la simpatica artigiana che fabbrica le ceramiche "certaldesi": lei sostiene che bisognerebbe trovare "il giusto equilibrio". Ma come si fa? Quelli che per alcuni sono troppi per altri saranno sempre troppo pochi.
Terminiamo la nostra visita affacciandoci nel bel cortile di Palazzo Stiozzi Ridolfi: un intero isolato con due torri che si affacciano una su costa Alberti e l'altra su via Boccaccio. Il cortile ha un loggiato con colonne in cotto e capitelli in tufo. Il palazzo risale al XIV secolo e forse il loggiato interno ospitava il mercato.
Riprendiamo la funicolare per tornare al parcheggio e concludiamo la nostra due-giorni ripartendo verso casa: entro stasera dobbiamo votare!

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