sabato 12 ottobre 2013
Zagarolo
Un tipico sabato di ottobre si riconosce dal clima incerto, dalla pioggia che si alterna agli sprazzi di sole, dalle sagre del vino e delle castagne. Oggi scegliamo appunto una delle più note sagre del vino e ci dirigiamo a Zagarolo, muniti di ombrello e di voglia di essere allegri.
Ormai avrai capito che in qualsiasi posto noi si vada si arriva ad ora di pranzo. Anche questa volta non rinunciamo a questa sana abitudine: l'ora è quella e nonostante l'acqua che viene giù copiosa, tanto da aver costretto a sospendere parte della manifestazione, riusciamo a raggiungere un tendone dove, al riparo, possiamo rifocillarci. Il piatto tipico zagarolese pare siano i "tordi matti": involtini di carne di cavallo farciti con un battuto di grasso di prosciutto, peperoncino, aglio, prezzemolo e coriandolo, cotti nel vino rosso. Se dimentichi che si tratta di cavallo (noi normalmente non ne mangiamo) li troverai ottimi!
Anche se è spiovuto di gente in giro non ce n'è moltissima e la festa ancora è in allestimento. Tutto sommato non ci dispiace, anche perché di vino ne abbiamo bevuto abbastanza! Ci aggiriamo per i vicoli e per i negozietti, ci incanta il profumo (sì, il profumo!) di una norcineria dove compriamo delle salcicce che si riveleranno squisite (l'odore non inganna!), ci infiliamo in un forno per seguire un alito di biscotti caldi e non manchiamo di prenderne sei buste, facciamo due chiacchiere col fornaio, il signor Quaranta, che finiscono con un buon caffè al bar in piazza.
Sulla piazza si affaccia palazzo Rospigliosi, un edificio di una certa imponenza che da questo lato si presenta come uno stretto ferro di cavallo. Ospita il museo del giocattolo che non manchiamo di visitare: al suo interno giochi, bambole, trenini, soldatini, automobiline di varia provenienza ed età. Ci sono anche pezzi di buon pregio e certo di valore, come un teatrino per bimbi che daterà più di un secolo ma perfettamente conservato. C'è di noi chi ha più occhi per delle splendide carrozzine per bambole e chi apprezza grandemente una scatola di Meccano con ancora tutti i pezzi fermati ai vassoi, mai usati.
Il paese si allunga su di un crinale roccioso, valle a destra e valle a sinistra, e questo ha contribuito a preservare il centro storico da eccessive "aggiunte". Ciò nonostante si notano un paio di orride soprelevazioni verso Porta S.Martino, alcuni palazzi assolutamente incongrui, altri malamente ammodernati. Ma almeno il grosso degli edifici recenti è esterno al nucleo delimitato dalle due porte principali.
Molti nomi di strade sono rimasti quelli precedenti all'unità d'Italia: tra inevitabili re, regine e generali, c'è ancora via dell'Antico Gabio, vicolo delle Carceri, via del Catenaccio, vicolo della Pizzicheria.
La gente qui è molto partecipe della festa: c'è chi dà gli ultimi ritocchi alle "fraschette", c'è chi monta i tavoli in piazza, chi suona l'organetto e canta stornellate, chi è in costume "tipico" e invita i primi turisti ad accomodarsi. Si percepisce uno spirito identitario molto forte. Ce lo confermano un paio di residenti che incrociamo, palesemente non originari del luogo, ma che si sforzano di esserlo: uno indossa una vistosa maglietta con la scritta "Italia" e ci confessa la LORO preoccupazione per il tempo, che potrebbe danneggiare la LORO festa, ma un malcelato accento dell'est lo "sgama"; anche la gentile signora che serve ai tavoli ha lineamenti poco italici e qualche problema con le doppie (i tordi sono "mati" e non ci riesce di correggerla), ma le altre donne "del posto" mostrano di averla pienamente accettata e la trattano da vecchia paesana.
Questa è integrazione. Ma se non c'è una forte identità è ben difficile che chi per un motivo o per l'altro si trova a dover vivere nelle nostre terre possa scegliere o semplicemente desiderare di essere membro della comunità. E di conseguenza sarà percepito come "straniero", come un pericolo, come "altro". Ma la colpa sarà nostra di non avergli fornito un modello saldo e definito al quale uniformarsi. Non sarà che temiamo gli altri perché non sappiamo chi siamo?
Andiamo via prima che faccia buio, resistendo eroicamente alla tentazione di tornare a sederci e bere ancora qualcosa.
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