martedì 9 ottobre 2012

La cassoeula di Basilio

Sai che non disdegniamo il buon desinare e soprattutto che ci piacciono le novità: niente di meglio, dunque, che provare le specialità del luogo! E la pietanza più milanese del risotto e della cotoletta, il piatto tipico più tipico della Brianza è senz'altro la cassoeula. Il problema potrebbe essere trovare un posto dove gustarla, ma siamo fortunati: a Vimercate c'è Basilio, una vera trattoria "di una volta", di quelle con le tovaglie a quadretti, le madri che cucinano, i figli che servono ai tavoli, il cibo buono, rustico e senza pretese, il vino sfuso servito nella classica bottiglia dall'imboccatura larga.
Basilio è tutto questo e anche un po' di più: tanto per cominciare, le generazioni che si alternano in questo locale sono quattro, anzi "tre e mezzo", come ci tengono a precisare, visto che l'ultimo è un ragazzo che ancora va a scuola e lavora qui a mezzo servizio. Ma cosa ancora più importante Basilio apre le porte nella piazza che fu del mercato, nel paese che dal mercato prende il nome: quale maggior garanzia di genuinità? Qui venivano a mangiare i carrettieri e i contadini che avevano venduto le loro merci e potevano dunque concedersi un po' di riposo, un litro di quello buono e un piatto di verdure e carne di porco, la cassoeula. Che starebbe per cazzuola, l'attrezzo del muratore che forse un tempo veniva realmente utilizzato per rimestare questo cibo rude .
Gli ingredienti principali sono le verze, che la tradizione prevede vengano utilizzate solo dopo la prima gelata, e le parti meno nobili del maiale, come le cotenna, i piedini, la testa e le costine. Ma le varianti sono molte, come il nome che cambia di provincia in provincia: da casoeula, a cassouela, casoela, cassuola e cazzuola, appunto.
La preparazione è un po' lunga ma non è difficile: in una casseruola si mette del burro, a fuoco lento, e si fa soffriggere la cipolla affettata, si aggiungono le costine di maiale, le orecchie e le cotenne tagliate a piccole strisce e si fa rosolare bene a fuoco vivace. Volendo un piatto più "leggero", le carni si possono sgrassare prima. Si aggiunge sedano e carote e si sfuma con del vino bianco. A questo punto si bagna con un mestolo di brodo, si aggiusta di sale e pepe, si rimescola e si copre, lasciando sul fuoco molto basso per almeno un'ora, senza farlo attaccare al fondo (nel caso si aggiunge altro brodo).
A parte si pulisce la verza, la si taglia a pezzi grossi e si cuoce a fuoco basso in una pentola coperta con pochissima acqua finché non appassisce. La si mette dunque nella casseruola delle carni, si copre e si lascia cuocere a fuoco moderato per altri 30 o 45 minuti, sempre controllando che non si attacchi. Se non si è prima sgrassato la carne, occorre provvedere ogni tanto a rimuovere il grasso in superficie.
Si serve ben caldo con la polenta e un buon vino rosso mosso ma non abboccato, come un bel Barbera del Monferrato.
 

Per digerire tutto ciò occorre un po' di tempo, anzi, un po' di moto: torniamo dunque a Monza per una lunga  passeggiata lungo le rive del Lambro. Decidiamo che per stasera possiamo anche saltare la cena...

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