domenica 21 ottobre 2012
Monte Soratte, percorso Vita
Perché non fare due passi, prima di pranzo? Sì, dai, andiamo sul Soratte, è parecchio che ci manchiamo! E' qui dietro casa e ci si arriva con lo scooter in 5 minuti. E' una bellissima "ottobrata", l'aria è tiepida, il cielo sereno, l'ideale per il percorso Vita, un comodo sentiero che si infila nel bosco sul versante a nord del monte. Ci vuole un'ora buona a percorrerlo tutto, ma è una passeggiata, perfetta per stimolare l'appetito, se ce ne fosse bisogno! Il bosco sta già assumendo una livrea autunnale: i ciclamini sono spuntati e l'odore di funghi lascia presagire ricchi bottini per chi si addentrasse sotto gli alberi. Ma noi proseguiamo per il sentiero in terra battuta, per altro in ottimo stato nonostante le forti piogge di pochi giorni fa: giusto qualche grosso sasso rotolato giù, ma niente di che. Qua e là si vedono gli scavi dei cinghiali in cerca di bulbi, ma non è ora da incontri ravvicinati: oltretutto il percorso è abbastanza frequentato da camminatori domenicali e gli animali si tengono ben lontani dagli intrusi dei giorni di festa!
La strada è sì comoda ma non breve: ad un certo punto dobbiamo decidere di tornare indietro, che "si è fatta una certa"... Va bene che la domenica noi si mangia tardino, ma bisogna pur andare a casa e mettere su l'acqua per le tagliatelle. Che la domenica sono tagliatelle, magari fresche, se possibile, ma non disdegniamo quelle di un pastificio della zona, ruvide e avide di sugo! Per quello poi abbiamo già provveduto: Francesca ha preparato un buon condimento ai funghi porcini e macinato di vitella, senza pomodoro, e non vediamo l'ora di scoprire come sposa con le tagliatelle summenzionate e tanto parmigiano grattugiato!
giovedì 11 ottobre 2012
Mantova
Per tornare a casa la strada non passa esattamente per Mantova, ma visto che ci troviamo da queste parti, una "piccola" deviazione ci sembra comunque un'ottima idea!
Per puro caso arriviamo in zona ad ora di pranzo e guidati... dalla nostra guida (il naso!) capitiamo in un posto come al solito un po' particolare: non siamo a Mantova ma in un piccolo comune alle sue porte, non siamo in un ristorante turistico ma più in una trattoria per camionisti, qui non servono piatti tipici mantovani ma coda alla vaccinara e abbacchio! Ma allora? Abbiamo sbagliato tutto? Niente affatto! La Pennichella è proprio il posto giusto... al momento giusto: le 13 e 30! E se la cucina è dichiaratamente romana e romano è il proprietario trapiantato qui da molti anni, ci viene in soccorso la figlia, non mantovana doc ma sicuramente allevata a tortelli di zucca. Come quelli che ci propone, conditi con burro e salvia: sopraffini! Buone anche le fettuccine "paglia e fieno" fatte in casa e ottima la mostarda di mele che accompagna un ricco piatto di salumi e grana: questo è il giusto "contorno" per i taglieri che frequentemente si trovano nei menù di certi ristorantini scicchettosi! Altro che marmellatine!
Per puro caso arriviamo in zona ad ora di pranzo e guidati... dalla nostra guida (il naso!) capitiamo in un posto come al solito un po' particolare: non siamo a Mantova ma in un piccolo comune alle sue porte, non siamo in un ristorante turistico ma più in una trattoria per camionisti, qui non servono piatti tipici mantovani ma coda alla vaccinara e abbacchio! Ma allora? Abbiamo sbagliato tutto? Niente affatto! La Pennichella è proprio il posto giusto... al momento giusto: le 13 e 30! E se la cucina è dichiaratamente romana e romano è il proprietario trapiantato qui da molti anni, ci viene in soccorso la figlia, non mantovana doc ma sicuramente allevata a tortelli di zucca. Come quelli che ci propone, conditi con burro e salvia: sopraffini! Buone anche le fettuccine "paglia e fieno" fatte in casa e ottima la mostarda di mele che accompagna un ricco piatto di salumi e grana: questo è il giusto "contorno" per i taglieri che frequentemente si trovano nei menù di certi ristorantini scicchettosi! Altro che marmellatine!
La vista di una bella villa qui di fianco, che mostra con orgoglio i suoi 80 anni ben portati, ci ricorda che siamo qui anche per visitare la città: tutto sommato due passi sono pure necessari... Ci mettiamo in marcia e raggiungiamo senza ulteriori indugi Mantova.
Mantova ci appassiona subito... ehm, subito dopo aver trovato parcheggio, che qui non è cosa facile: siamo in un luogo ricco d'arte, suggestione e turisti! Tanti turisti! Ma a noi non va di andar per musei e mostre: preferiamo bighellonare in giro, infilarci nei tanti porticati, curiosare nelle vetrine dei negozi e negli androni dei palazzi, stare lì a guardare l'acqua che scorre sotto i ponti. Mantova non somiglia a Venezia, ma di acqua ne ha in abbondanza! Ne è circondata e attraversata. Qui nel XII secolo Alberto Pitentino, architetto ed ingegnere idraulico, organizzò su incarico del Comune un sistema di difesa della città, facendo in modo che il fiume Mincio circondasse completamente il centro abitato, andando a formare quattro laghi: Superiore, di Mezzo, Inferiore e Paiolo. Mantova diventò così un isola. Solo due ponti, il Ponte dei Mulini e il Ponte di San Giorgio, ancora esistenti, consentivano l'accesso alla città. Più tardi venne tracciato il Rio, un canale che collega il lago Inferiore a quello Superiore, tagliando in due la città: lo puoi vedere nella foto qui a lato.
Le strade qui non sono il massimo per passeggiare: in buona parte sono fatte con grossi ciottoli di fiume, materiale che evidentemente si trovava in abbondanza da queste parti. Ci spighiamo così il perché delle molte signore che, invece di delicati decoltè, indossano scarpe dalla suola robusta: camminare su questi sassi non è molto confortevole, specie se si vuole attraversare la grande piazza dove affaccia il Palazzo del Capitano, che vedi nella foto sotto. Curiosissimo il balcone, riparato da un grande "cappello" conico di rame e che al posto della ringhiera ha una gabbia di ferro: ricorda certi moderni balconi di zone del sud, ingabbiati similmente a difesa dai ladri. In passato qui avevano problemi simili...
Dobbiamo proprio andare: molti chilometri ci separano da casa. Alla prossima volta, Mantova!
mercoledì 10 ottobre 2012
Torino e Alpignano
Siamo qui, facciamo qualche chilometro in più e andiamo a trovare i parenti di Torino: sono esattamente 25 anni che non mettiamo piede in Piemonte.
La strada è facile e in meno di due ore siamo nell'ex capitale, ex città industriale, ex luogo di emigrazione dal Sud dell'Italia, ex città "brutta" per antonomasia: Torino ora è bella! Il quartiere dove siamo diretti, Mirafiori, era un tempo quanto di più "automobilistico" si potesse immaginare in Italia, tanto da dare il nome alla fabbrica e a un modello di auto. Ora di ciò non troviamo traccia: operai in giro non se ne vede, solo belle torinesi col cane al guinzaglio e signori ben vestiti col suv. Le case sono ville e villini, magari restaurati e sempre con giardini curati. La città della FIAT deve essersi trasferita in blocco in America, insieme a Marchionne...
La casa che ci ospita è grande e comoda: un edificio degli anni trenta tirato a nuovo, con un giardino come deve essere un giardino: spazioso! Anche dentro lo spazio non manca e molti particolari dell'arredamento e della struttura rimandano all'epoca che vide sorgere questa zona, in origine abitata dalla buona borghesia che preferiva una casa decentrata e tranquilla, separata dal cuore della città.
Nel pomeriggio ci spostiamo ad Alpignano, proprio all'imbocco dalla Val di Susa: possiamo scorgerne i primi monti, nascosti dalla foschia. Alpignano non è distante da Torino e ormai è divenuto quasi un quartiere della città: anche qui i cambiamenti sono notevoli, ma ci è più facile trovare i punti di riferimento. Una passeggiata fino al cimitero per un fiore, poi ci rimettiamo in marcia e ritorniamo a Vimercate: domani si va a casa!
La strada è facile e in meno di due ore siamo nell'ex capitale, ex città industriale, ex luogo di emigrazione dal Sud dell'Italia, ex città "brutta" per antonomasia: Torino ora è bella! Il quartiere dove siamo diretti, Mirafiori, era un tempo quanto di più "automobilistico" si potesse immaginare in Italia, tanto da dare il nome alla fabbrica e a un modello di auto. Ora di ciò non troviamo traccia: operai in giro non se ne vede, solo belle torinesi col cane al guinzaglio e signori ben vestiti col suv. Le case sono ville e villini, magari restaurati e sempre con giardini curati. La città della FIAT deve essersi trasferita in blocco in America, insieme a Marchionne...
La casa che ci ospita è grande e comoda: un edificio degli anni trenta tirato a nuovo, con un giardino come deve essere un giardino: spazioso! Anche dentro lo spazio non manca e molti particolari dell'arredamento e della struttura rimandano all'epoca che vide sorgere questa zona, in origine abitata dalla buona borghesia che preferiva una casa decentrata e tranquilla, separata dal cuore della città.
Nel pomeriggio ci spostiamo ad Alpignano, proprio all'imbocco dalla Val di Susa: possiamo scorgerne i primi monti, nascosti dalla foschia. Alpignano non è distante da Torino e ormai è divenuto quasi un quartiere della città: anche qui i cambiamenti sono notevoli, ma ci è più facile trovare i punti di riferimento. Una passeggiata fino al cimitero per un fiore, poi ci rimettiamo in marcia e ritorniamo a Vimercate: domani si va a casa!
martedì 9 ottobre 2012
La cassoeula di Basilio
Sai che non disdegniamo il buon desinare e soprattutto che ci piacciono le novità: niente di meglio, dunque, che provare le specialità del luogo! E la pietanza più milanese del risotto e della cotoletta, il piatto tipico più tipico della Brianza è senz'altro la cassoeula. Il problema potrebbe essere trovare un posto dove gustarla, ma siamo fortunati: a Vimercate c'è Basilio, una vera trattoria "di una volta", di quelle con le tovaglie a quadretti, le madri che cucinano, i figli che servono ai tavoli, il cibo buono, rustico e senza pretese, il vino sfuso servito nella classica bottiglia dall'imboccatura larga.
Basilio è tutto questo e anche un po' di più: tanto per cominciare, le generazioni che si alternano in questo locale sono quattro, anzi "tre e mezzo", come ci tengono a precisare, visto che l'ultimo è un ragazzo che ancora va a scuola e lavora qui a mezzo servizio. Ma cosa ancora più importante Basilio apre le porte nella piazza che fu del mercato, nel paese che dal mercato prende il nome: quale maggior garanzia di genuinità? Qui venivano a mangiare i carrettieri e i contadini che avevano venduto le loro merci e potevano dunque concedersi un po' di riposo, un litro di quello buono e un piatto di verdure e carne di porco, la cassoeula. Che starebbe per cazzuola, l'attrezzo del muratore che forse un tempo veniva realmente utilizzato per rimestare questo cibo rude .
Gli ingredienti principali sono le verze, che la tradizione prevede vengano utilizzate solo dopo la prima gelata, e le parti meno nobili del maiale, come le cotenna, i piedini, la testa e le costine. Ma le varianti sono molte, come il nome che cambia di provincia in provincia: da casoeula, a cassouela, casoela, cassuola e cazzuola, appunto.
La preparazione è un po' lunga ma non è difficile: in una casseruola si mette del burro, a fuoco lento, e si fa soffriggere la cipolla affettata, si aggiungono le costine di maiale, le orecchie e le cotenne tagliate a piccole strisce e si fa rosolare bene a fuoco vivace. Volendo un piatto più "leggero", le carni si possono sgrassare prima. Si aggiunge sedano e carote e si sfuma con del vino bianco. A questo punto si bagna con un mestolo di brodo, si aggiusta di sale e pepe, si rimescola e si copre, lasciando sul fuoco molto basso per almeno un'ora, senza farlo attaccare al fondo (nel caso si aggiunge altro brodo).
A parte si pulisce la verza, la si taglia a pezzi grossi e si cuoce a fuoco basso in una pentola coperta con pochissima acqua finché non appassisce. La si mette dunque nella casseruola delle carni, si copre e si lascia cuocere a fuoco moderato per altri 30 o 45 minuti, sempre controllando che non si attacchi. Se non si è prima sgrassato la carne, occorre provvedere ogni tanto a rimuovere il grasso in superficie.
Si serve ben caldo con la polenta e un buon vino rosso mosso ma non abboccato, come un bel Barbera del Monferrato.
Per digerire tutto ciò occorre un po' di tempo, anzi, un po' di moto: torniamo dunque a Monza per una lunga passeggiata lungo le rive del Lambro. Decidiamo che per stasera possiamo anche saltare la cena...
Basilio è tutto questo e anche un po' di più: tanto per cominciare, le generazioni che si alternano in questo locale sono quattro, anzi "tre e mezzo", come ci tengono a precisare, visto che l'ultimo è un ragazzo che ancora va a scuola e lavora qui a mezzo servizio. Ma cosa ancora più importante Basilio apre le porte nella piazza che fu del mercato, nel paese che dal mercato prende il nome: quale maggior garanzia di genuinità? Qui venivano a mangiare i carrettieri e i contadini che avevano venduto le loro merci e potevano dunque concedersi un po' di riposo, un litro di quello buono e un piatto di verdure e carne di porco, la cassoeula. Che starebbe per cazzuola, l'attrezzo del muratore che forse un tempo veniva realmente utilizzato per rimestare questo cibo rude .
Gli ingredienti principali sono le verze, che la tradizione prevede vengano utilizzate solo dopo la prima gelata, e le parti meno nobili del maiale, come le cotenna, i piedini, la testa e le costine. Ma le varianti sono molte, come il nome che cambia di provincia in provincia: da casoeula, a cassouela, casoela, cassuola e cazzuola, appunto.
La preparazione è un po' lunga ma non è difficile: in una casseruola si mette del burro, a fuoco lento, e si fa soffriggere la cipolla affettata, si aggiungono le costine di maiale, le orecchie e le cotenne tagliate a piccole strisce e si fa rosolare bene a fuoco vivace. Volendo un piatto più "leggero", le carni si possono sgrassare prima. Si aggiunge sedano e carote e si sfuma con del vino bianco. A questo punto si bagna con un mestolo di brodo, si aggiusta di sale e pepe, si rimescola e si copre, lasciando sul fuoco molto basso per almeno un'ora, senza farlo attaccare al fondo (nel caso si aggiunge altro brodo).
A parte si pulisce la verza, la si taglia a pezzi grossi e si cuoce a fuoco basso in una pentola coperta con pochissima acqua finché non appassisce. La si mette dunque nella casseruola delle carni, si copre e si lascia cuocere a fuoco moderato per altri 30 o 45 minuti, sempre controllando che non si attacchi. Se non si è prima sgrassato la carne, occorre provvedere ogni tanto a rimuovere il grasso in superficie.
Si serve ben caldo con la polenta e un buon vino rosso mosso ma non abboccato, come un bel Barbera del Monferrato.
Per digerire tutto ciò occorre un po' di tempo, anzi, un po' di moto: torniamo dunque a Monza per una lunga passeggiata lungo le rive del Lambro. Decidiamo che per stasera possiamo anche saltare la cena...
lunedì 8 ottobre 2012
Monza e Bergamo
Oggi è un po' nuvoloso ma non per questo sono meno piacevoli le passeggiate che compiamo durante il giorno, la mattina in visita a Monza: comodo autobus da Vimercate e in pochi minuti siamo nella città famosa per il suo parco e il suo autodromo.
Ma in città non mancano cose meno note ma sicuramente interessanti. Già all'arrivo in zona Stazione notiamo un'installazione a tema ciclistico sul muro di una casa: è "ByBIKE-wall", opera di arte urbana creata nel 2007, con la collaborazione di allievi e insegnanti delle scuole elementari di Monza, composta da sette biciclette ancorate al muro, scelte e colorate dai bambini.
In via Italia incontriamo la Chiesa di Santa Maria in strada: sorge su un antico convento di frati Francescani, presenta una facciata a capanna, in mattoni, ricca di elementi e decorazioni. È composta da fasce orizzontali separate da cornici. Il portale è composto da un arco in cotto e da spalle e architrave in marmo di origine ottocentesca. Sopra il portale si trova una fascia di finte edicole che riportano alcune tracce di affreschi trecenteschi, tranne per quelle centrali, che sono tre finestre. Più su il rosone centrale in cotto, fra due bifore ad arco acuto.
Ci affacciamo dal Ponte dei Leoni per uno sguardo al fiume Lambro che attraversa la città: sembra decisamente in secca, ma di questi tempi non si può mai dire...
I lungofiume sono solo pedonali e ospitano molti graziosi locali.
Lungo la via Lambro, incastrata fra le case, ecco la torre detta di Teodolinda, del XIII secolo: Porta Lambro. Era parte della struttura difensiva della cinta muraria medioevale, successivamente utilizzata come porta per il transito delle merci dal fiume Lambro alle piazze centrali e ora come abitazione privata.
A pianta quadrata, è alta quattro piani, il pianterreno ha una volta a botte ed è attraversato dalla stessa strada. Conserva tutte le strutture difensive che ne facevano un inespugnabile baluardo: la merlatura guelfa, i beccatelli con le piombatoie, le feritoie. Sotto l'arco, al centro, l'estrema difesa: una caditoia che serviva a rallentare l'attacco degli assedianti che avessero superato la porta...
...noi l'attraversiamo: quando questa era una delle porte di accesso alla città non doveva essere facile entrare senza passare un attento controllo. "Alt! Chi siete? Cosa portate? Un fiorino!" Beh, forse non un fiorino: qual'era la moneta corrente da queste parti, all'epoca?
Ecco un edificio dalla struttura inconsueta: le parti aggettanti sono chiuse da muri leggeri, riquadrati in legno, la cosiddetta intelaiatura a traliccio. Si tratta di uno scheletro in travatura di legno le cui lacune sono riempite con vari materiali, in questo caso con mattoni di cotto. È un'architettura tipica dell'Europa Centrale e delle nazioni germaniche, dove venne utilizzata comunemente dal Medioevo all'Ottocento.
Nella foto a destra puoi vedere il particolare di una trave di sostegno decorata in testa da una faccina in bronzo.
Non potevamo evitare di affacciarci sulla piazza del Duomo, un po' in disparte, tranquilla e chiusa al traffico. Nel Duomo si conserva la Corona Ferrea che, secondo la tradizione, contiene uno dei chiodi usati per la crocefissione di Cristo. La Chiesa riconosce il carattere di reliquia alla Corona, che proprio per questo è normalmente conservata nel Duomo, nella Cappella di Teodolinda, nel transetto di sinistra. Ma non oggi, che è in atto un restauro. Il campanile possiede un concerto di 8 campane con la caratteristica di suonare a "slancio", un'eccezione nella Diocesi di Milano, che invece usa il sistema "Ambrosiano". Ma d'altro canto anche il rito che si celebra a Monza non è quello Ambrosiano, che vige nel resto della diocesi, bensì quello romano.
Nel pomeriggio ci spostiamo a Bergamo. Bergamo alta, naturalmente.
Ne restiamo affascinati! Ci mischiamo ai numerosi turisti: chi avrebbe mai detto che questo luogo fosse così tanto bello!
Nella grande piazza principale, sotto un largo porticato che sicuramente ospitava il mercato, restiamo colpiti da un calendario solare di marmo bianco incastonato nella pavimentazione.
Proprio difronte la basilica di Santa Maria Maggiore, duomo di Bergamo.
L'edificio è particolarmente eclettico: strati e strati di stili diversi che si sono sovrapposti nei secoli, sia all'esterno che all'interno.
Sulla parete della navata destra un affresco trecentesco, "l’Albero della Vita", è in parte ricoperto da un enorme dipinto: ne resta la documentazione fotografica eseguita quando l'opera più recente è stata rimossa per essere restaurata. Sul lato opposto all'altare maggiore, a 12 metri di altezza, è normalmente collocato il gigantesco "Passaggio del Mar Rosso" di Luca Giordano: al momento è abbassato fino a terra per il restauro, che può essere seguito attraverso una parete di vetro. Una curiosità: l'opera fu eseguita nel 1681 a Napoli e trasportata via mare, passando prima da Venezia e presumibilmente poi fatta risalire lungo il Po. Le dimensioni del dipinto, 5 metri per 6, oggi richiederebbero un grosso Tir.
La nostra attenzione è attratta da un pannello in legno intarsiato, disegnato da Lorenzo Lotto, con una curiosa scena, dal simbolismo decisamente inconsueto in una chiesa: un'allegoria della falsa conoscenza, in bilico fra una visione secolare ed una religiosa!
Come non provare il dolce tipico di Bergamo, la polenta e osei? Si fa con farina gialla, fecola di patate, zucchero, uova, limone, Maraschino, marmellata di albicocche e pasta di mandorle. Ma ci sono diverse varianti: già da una pasticceria all'altra vediamo che il dolce si presenta diversamente...
Prima che faccia buio facciamo in tempo a fotografare questi ricchi comignoli, tutti diversi, che ornano una casa e si stagliano sul cielo nuvoloso: ci sarà un camino in ogni stanza!
Ma in città non mancano cose meno note ma sicuramente interessanti. Già all'arrivo in zona Stazione notiamo un'installazione a tema ciclistico sul muro di una casa: è "ByBIKE-wall", opera di arte urbana creata nel 2007, con la collaborazione di allievi e insegnanti delle scuole elementari di Monza, composta da sette biciclette ancorate al muro, scelte e colorate dai bambini.
In via Italia incontriamo la Chiesa di Santa Maria in strada: sorge su un antico convento di frati Francescani, presenta una facciata a capanna, in mattoni, ricca di elementi e decorazioni. È composta da fasce orizzontali separate da cornici. Il portale è composto da un arco in cotto e da spalle e architrave in marmo di origine ottocentesca. Sopra il portale si trova una fascia di finte edicole che riportano alcune tracce di affreschi trecenteschi, tranne per quelle centrali, che sono tre finestre. Più su il rosone centrale in cotto, fra due bifore ad arco acuto.
Ci affacciamo dal Ponte dei Leoni per uno sguardo al fiume Lambro che attraversa la città: sembra decisamente in secca, ma di questi tempi non si può mai dire...
I lungofiume sono solo pedonali e ospitano molti graziosi locali.
Lungo la via Lambro, incastrata fra le case, ecco la torre detta di Teodolinda, del XIII secolo: Porta Lambro. Era parte della struttura difensiva della cinta muraria medioevale, successivamente utilizzata come porta per il transito delle merci dal fiume Lambro alle piazze centrali e ora come abitazione privata.
A pianta quadrata, è alta quattro piani, il pianterreno ha una volta a botte ed è attraversato dalla stessa strada. Conserva tutte le strutture difensive che ne facevano un inespugnabile baluardo: la merlatura guelfa, i beccatelli con le piombatoie, le feritoie. Sotto l'arco, al centro, l'estrema difesa: una caditoia che serviva a rallentare l'attacco degli assedianti che avessero superato la porta...
...noi l'attraversiamo: quando questa era una delle porte di accesso alla città non doveva essere facile entrare senza passare un attento controllo. "Alt! Chi siete? Cosa portate? Un fiorino!" Beh, forse non un fiorino: qual'era la moneta corrente da queste parti, all'epoca?
Ecco un edificio dalla struttura inconsueta: le parti aggettanti sono chiuse da muri leggeri, riquadrati in legno, la cosiddetta intelaiatura a traliccio. Si tratta di uno scheletro in travatura di legno le cui lacune sono riempite con vari materiali, in questo caso con mattoni di cotto. È un'architettura tipica dell'Europa Centrale e delle nazioni germaniche, dove venne utilizzata comunemente dal Medioevo all'Ottocento.
Nella foto a destra puoi vedere il particolare di una trave di sostegno decorata in testa da una faccina in bronzo.
Non potevamo evitare di affacciarci sulla piazza del Duomo, un po' in disparte, tranquilla e chiusa al traffico. Nel Duomo si conserva la Corona Ferrea che, secondo la tradizione, contiene uno dei chiodi usati per la crocefissione di Cristo. La Chiesa riconosce il carattere di reliquia alla Corona, che proprio per questo è normalmente conservata nel Duomo, nella Cappella di Teodolinda, nel transetto di sinistra. Ma non oggi, che è in atto un restauro. Il campanile possiede un concerto di 8 campane con la caratteristica di suonare a "slancio", un'eccezione nella Diocesi di Milano, che invece usa il sistema "Ambrosiano". Ma d'altro canto anche il rito che si celebra a Monza non è quello Ambrosiano, che vige nel resto della diocesi, bensì quello romano.
Nel pomeriggio ci spostiamo a Bergamo. Bergamo alta, naturalmente.
Ne restiamo affascinati! Ci mischiamo ai numerosi turisti: chi avrebbe mai detto che questo luogo fosse così tanto bello!
Nella grande piazza principale, sotto un largo porticato che sicuramente ospitava il mercato, restiamo colpiti da un calendario solare di marmo bianco incastonato nella pavimentazione.
Proprio difronte la basilica di Santa Maria Maggiore, duomo di Bergamo.
L'edificio è particolarmente eclettico: strati e strati di stili diversi che si sono sovrapposti nei secoli, sia all'esterno che all'interno.
Sulla parete della navata destra un affresco trecentesco, "l’Albero della Vita", è in parte ricoperto da un enorme dipinto: ne resta la documentazione fotografica eseguita quando l'opera più recente è stata rimossa per essere restaurata. Sul lato opposto all'altare maggiore, a 12 metri di altezza, è normalmente collocato il gigantesco "Passaggio del Mar Rosso" di Luca Giordano: al momento è abbassato fino a terra per il restauro, che può essere seguito attraverso una parete di vetro. Una curiosità: l'opera fu eseguita nel 1681 a Napoli e trasportata via mare, passando prima da Venezia e presumibilmente poi fatta risalire lungo il Po. Le dimensioni del dipinto, 5 metri per 6, oggi richiederebbero un grosso Tir.
La nostra attenzione è attratta da un pannello in legno intarsiato, disegnato da Lorenzo Lotto, con una curiosa scena, dal simbolismo decisamente inconsueto in una chiesa: un'allegoria della falsa conoscenza, in bilico fra una visione secolare ed una religiosa!
Come non provare il dolce tipico di Bergamo, la polenta e osei? Si fa con farina gialla, fecola di patate, zucchero, uova, limone, Maraschino, marmellata di albicocche e pasta di mandorle. Ma ci sono diverse varianti: già da una pasticceria all'altra vediamo che il dolce si presenta diversamente...
Prima che faccia buio facciamo in tempo a fotografare questi ricchi comignoli, tutti diversi, che ornano una casa e si stagliano sul cielo nuvoloso: ci sarà un camino in ogni stanza!
domenica 7 ottobre 2012
Ancora Vimercate
Ancora un giro per Vimercate: è domenica, un giorno speciale per una cittadina dove il sentimento cattolico sembra molto diffuso: davanti alla chiesa principale, il Santuario della Beata Vergine del Rosario, le famiglie si incontrano all'uscita della messa, come in ogni piazza di ogni paese italiano. Ma qui sembra quasi avvertire una partecipazione e un sentimento altrove persi: siamo in un luogo particolare, che conserva il Rito Ambrosiano e questo vuol dire molto.
Domenica in famiglia, ma in una famiglia acquisita, per il compleanno del piccolo Tommaso. Siamo ospiti di persone originarie della Valtellina e questa provenienza condiziona fortemente ciò che mangiamo: tra le tante cose buone, abbiamo la possibilità di gustare i famosi pizzoccheri! Squisiti!
Per finire uno splendido tramonto sulle case della periferia di Vimercate: un buon modo per chiudere il giorno di festa.
sabato 6 ottobre 2012
Vimercate
Vimercate è da girare con calma, a piedi o in bicicletta. Non è grandissima, ma neppure troppo piccola e una giornata la si spende volentieri fra viale nuovissimi dalle siepi ordinate e antichi vicoli bui. Molte le sorprese e gli angoli interessanti, molti spunti fotografici, molte occasioni di soffermarsi a considerare cosa ci unisce e cosa ci separa: siamo in terra padana, la secessione potrebbe essere dietro l'angolo!
In questo post alcune delle immagini scattate durante la passeggiata di oggi.
Primo incontro: la sontuosa facciata di una fabbrica ottocentesca. Ora dietro c'è tutt'altro, ma la facciata è stata conservata e restaurata.
Poco distante una villetta dei primi decenni del '900: da notare la balaustra Liberty in ferro battuto.
Anche l'insegna di un ferramenta può conservare un fascino d'antan...
Le splendide decorazioni di una palazzina nei pressi di Ponte San Rocco.
C'è chi si lamenta, sognando un passato ormai scioltosi al sole di Roma...
...e chi sembra rassegnato ad una borghese alienazione.
Nella cripta della chiesa di Santo Stefano un antichissimo affresco, forse la Maddalena che mostra il panno col quale ha asciugato il sudore del Cristo...
...sul sagrato un molto più recente velocipede, forse lasciato qui dal sagrestano... beh, a ben guardare neppure tanto recente!
In questo post alcune delle immagini scattate durante la passeggiata di oggi.
Primo incontro: la sontuosa facciata di una fabbrica ottocentesca. Ora dietro c'è tutt'altro, ma la facciata è stata conservata e restaurata.
Poco distante una villetta dei primi decenni del '900: da notare la balaustra Liberty in ferro battuto.
Anche l'insegna di un ferramenta può conservare un fascino d'antan...
Le splendide decorazioni di una palazzina nei pressi di Ponte San Rocco.
C'è chi si lamenta, sognando un passato ormai scioltosi al sole di Roma...
...e chi sembra rassegnato ad una borghese alienazione.
Nella cripta della chiesa di Santo Stefano un antichissimo affresco, forse la Maddalena che mostra il panno col quale ha asciugato il sudore del Cristo...
...sul sagrato un molto più recente velocipede, forse lasciato qui dal sagrestano... beh, a ben guardare neppure tanto recente!
venerdì 5 ottobre 2012
Viaggiucchiando verso Nord
Una pausa ogni tanto bisogna farla! Meglio più d'una. E oramai l'ultima pausa "seria" risale a due mesi fa. Decidiamo di organizzare un viaggiucchio in terre per noi quasi inesplorate: il Nord! Ma, trattandosi appunto di un viaggiucchio, il nostro Nord si ferma entro gli italici confini: approfittiamo di un impegno che ci porta in Toscana, a Piombino, per poi proseguire verso Milano, per la precisione ci dirigiamo a Vimercate, dove risiedono dei parenti. Facendo base lì potremo girare un po' le misteriose terre lombarde e magari spingerci più in là...
Arriviamo di prima sera in quella che pensavamo una grigia periferia della vicina metropoli, ma dobbiamo subito ricrederci! Vimercate è un bel paese con molte tracce di un passato lontano e ricco: l'originaria Vicus Mercati ("borgo del mercato") ci accoglie dal suo Ponte di San Rocco, simbolo della città.
Domani avremo molte cose da vedere!
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