Come sa chi ne ha letto le "Cronache", Narnia - l'attuale Narni - è abitata da creature magiche, fauni e animali parlanti. Quindi è assolutamente normale che su un portone ci si possa imbattere in un mostro come questo.
Siamo qui per la "Corsa all'Anello": quest anno, per la 51ma edizione, la manifestazione durerà ben tre settimane ma oggi - lo apprendiamo solo una volta giunti qui - non sono previste gare. Tutto sommato meglio così: c'è gente ma non troppa e possiamo gustarci con comodo il paese. Per esempio possiamo visitare in solitaria (non c'è nessun altro!) la bella mostra fotografica allestita nei sotterranei del Palazzo dei Priori: 36x0, trentasei immagini per l'anello. E soprattutto possiamo "rubare" queste foto che ti mostriamo di seguito.
Sono immagini molto belle e tecnicamente interessanti, riprese e stampate in "analogico", come si usava fino a qualche anno fa.
Narni è piena di sorprese: all'uscita della mostra, nell'atrio del palazzo, la nostra attenzione cade su questa lapide: come mai una parola in inglese incisa nel travertino? E poi in che senso "neve"? L'intuito femminile risolve rapidamente l'enigma: il marmo, di sicuro un reperto romano, è stato riutilizzato nella costruzione dell'edificio, ma murato capovolto...
Poco distante una chiesa romanica che si rivela una vera sorpresa: per noi viaggiucchiatori le chiese sono all'ordine del giorno, ma trovarne una bella come questa è raro. Entrando, sembra di tornare indietro di secoli.
Troviamo molto interessanti gli affreschi medioevali, ben ripresi e consolidati: viene voglia di sfiorare tanta bellezza, ma evitiamo accuratamente il contatto. Qualcun altro, in tempi non recenti, ha "toccato" per bene quest'immagine, lasciando una traccia difficile da decifrare: tu riesci a leggere qualcosa?
Un restauro filologico permette di leggere gli strati sovrapposti: in questa madonna se ne vedono tre. Un'altra immagine, che si trova alla destra dell'ingresso, sembrerebbe forse rappresentare i patroni della città ma sappiamo che il santo di Narni è Giovenale: chi saranno costoro?
C'è chi, pur vedendo la luce, non trova risposte a tutte le domande.
A sinistra dell'altare una porta di pregevole fattura, che contrasta con l'austerità del luogo, ma dotata di un orribile lucchetto moderno. La chiesa ha tre navate e le laterali sono separate da colonne sovrastate da capitelli di ordine corinzio, tranne il terzo a destra, che ha due figure umane avvinghiate ciascuna da due leoni, sicuramente di epoca precedente.
All'uscita della chiesa ci intrufoliamo nel palazzo difronte: l'edificio è costruito intorno ad un cortile nel quale affaccia un loggiato che ci affascina.
E affascinanti sono le case, le torri, gli spazi...
Spazi che si aprono improvvisi verso la valle: sul lato opposto, l'abbazia benedettina di San Cassiano, isolata nel bosco, irraggiungibile.
La magia di Narni deve essere in qualche modo spezzata per non rimanere bloccati in un remoto passato: ci proviamo con l'incantesimo delle birre dell'Arcomincio, un locale sulla soglia dell'arco che ci separa dalla strada, dalle auto, dal presente.
Ci allontaniamo con qualche difficoltà: il morbido paesaggio tende lusinghe silenziose.
Aggirandoci per il viterbese nel dì di festa, capitiamo a Ronciglione: la parte medioevale non l'abbiamo mai esplorata per bene e questa è la volta buona. Passato il ponte su quel che resta del Rio Vicano, ci si trova al cospetto di questo campanile che, vista la sua collocazione, forse fungeva anche da torre di avvistamento. Da qui si scorge anche il più famoso ponte in ferro su quale passava il treno della Orte - Civitavecchia, ferrovia ormai dismessa. Passato l'arco troviamo la chiesa di S.Maria e subito un'amica che ci viene a salutare: Francesca è una vera attiragatti! Dobbiamo constatare che gli edifici non sono messi molto bene e che gli anni e gli accidenti storici (non ultimo l'incendio appiccato dalle truppe francesi che devastò il paese nel 1799) non sono stati clementi con Ronciglione.
Qui sotto a sinistra una finestra del palazzo "del poeta e del guerriero": l'edificio era sede dell'Accademia della grammatica, ma versa in cattive condizioni.
Mai come la chiesa dirimpetto, Sant'Andrea: un importante opera di restauro ne ha recuperato il solo campanile, che puoi vedere a destra. Non abbiamo da mostrarti foto dell'imponente Rocca: eretta dai Prefetti di Vico a guardia della città, è appartenuta nei secoli ai Conti degli Anguillara, ai Della Rovere e ai Farnese. Tra il 1475 e il 1480 vi furono aggiunti il mastio circolare e le quattro torri fortificate agli angoli, che diedero al castello l'attuale nome popolare "I Torrioni". Purtroppo anche la Rocca sembra lasciata in abbandono.
Angeliche presenze vegliano sul paese, altrimenti chissà cosa ne sarebbe!
Andando via, fuori dal paese passiamo la zona di belle case più o meno recenti, nei pressi del parco comunale: Ronciglione ha fascino bastante per tutti i gusti.
Una pasquetta umida e senza sole: non ci sembra il caso di impegnarci nella tradizionale scampagnata e decidiamo per una gita "dove capita lì ci fermiamo". È un sistema sicuro e collaudato: "dove capita" è sempre un posto interessante.
L'autostrada promette lunghe file stressanti, quindi lasciamo perdere e percorriamo le strade secondarie che vanno verso Viterbo. A Bomarzo c'è l'iradiddio di gente che invade anche la statale, nonostante il cielo non prometta che pioggia. Proseguiamo e arriviamo a Vitorchiano.
Non c'è un motivo particolare che ci spinge a fermarci, ma questo è di sicuro il posto giusto di oggi. La sua particolarità è che qui non siamo mai venuti prima. E un po' ce ne dispiace, perché ci mettiamo poco a scoprire che Vitorchiano ha un centro storico interessante, ordinato e pulito, dove gli edifici mantengono una buona omogeneità, senza troppi "orrori" ed errori di restauro, pochi negozi, ancor meno aperti in questa giornata di festa. Un luogo che subito ci piace. Ah, e fanno anche una buona pizza - romana, ma potrebbero evolversi con poco sforzo - da La Grotticella.
Purtroppo la pioggia non ci aiuta nell'esplorazione. Non troviamo il moai in piperino che pure dovrebbe essere da qualche parte... sì, hai capito bene: proprio un moai come quelli dell’Isola di Pasqua, scolpito da indigeni Maori per una sorta di gemellaggio fra Vitorchiano e Rapa Nui. In compenso sotto la galleria di Porta Tiberina scopriamo una curiosa inscrizione settecentesca: parla di un'epidemia di peste del 1711. Il contagio, partito da Messina, sarebbe arrivato fin qui, dove forse c'era un posto di blocco per chi veniva da sud - "le guardie" - che riuscì a fermare degli appestati. Tempi bui, quasi più dei nostri!
Qui l'acqua non manca mai: si comprende dalle numerose fontane pubbliche e da questo lavatoio, dove viene convogliata l'acqua che sgorga libera più a monte.
Aggirarsi per i vicoli con questo tempo non è molto divertente, eppure c'è chi si trattiene tranquillamente a inzupparsi sotto la pioggia.
Decidiamo di terminare questa uggiosa giornata davanti al nostro camino: un ultimo scatto ad uno stemma che riporta la sigla SPQR, in ricordo dell'amicizia fra la città e Roma, e ci rimettiamo in viaggio, evitando con cura le strade trafficate che riportano a casa i delusi di questa pasquetta.