La classica gita della domenica (che per noi comunque chiamasi viaggiucchio) dovrebbe essere così articolata:
1) ci si sveglia abbastanza presto, si fanno le abluzioni quotidiane e una leggera colazione
2) ci si mette in viaggio ad un ora adeguata, considerando il tempo necessario allo spostamento deciso in precedenza e all'itinerario tracciato
3) raggiunta la località prescelta la si visita, si scattano le foto necessarie per la documentazione da portare agli amici, si acquisiscono in loco informazioni atte ad integrare quelle già in proprio possesso, si acquistano calamite da frigo made in china recanti il nome del luogo
4) giunta l'ora di pranzo, ci si reca nel ristorante prenotato per tempo e si consuma un sobrio pasto
5) dopo la breve passeggiata postprandiale necessaria a raggiungere il parcheggio, si torna a casa, stanchi ma felici.
Per motivi che negli anni non siamo mai riusciti ad individuare, noi riusciamo a realizzare solo lo "stanchi ma felici": per il resto - ci conosci da un po' - non siamo mai riusciti a rispettare i buoni propositi sopra elencati.
Anche questa volta non ci smentiamo e arriviamo su al monte Cimino - dove non avevamo preventivato di recarci - verso le 2 del pomeriggio, giusto in tempo per occupare il primo tavolo che avventori ormai sazi liberano.
Ovviamente si tratta del tavolo migliore, collocato all'aperto sotto un ombrellone, circondato da fiori e alberi d'alto fusto, l'unico, mentre tutti gli altri sono collocati all'interno della fragorosa sala del ristorante Baita La Faggeta. Mangiamo decisamente bene, ad un prezzo accettabile considerando il monopolio in zona, e dopo il rituale dolce-caffè-ammazzacaffè siamo pronti per una lunga passeggiata nella faggeta, quella vera.
Sono molti anni che manchiamo e troviamo il bosco un po' cambiato: sembra più rado, filtra molta luce fra gli alberi e non pochi sono caduti di schianto, a volte travolgendo altri esemplari.
L'esperto che abbiamo portato con noi esamina a lungo le radici di un faggio centenario.
I sentieri sono puliti e ben tenuti ma il bosco è quasi completamente deserto: ciò vuol dire che il parcheggio gremito ospitava prevalentemente gli avventori del ristorante. Oppure che i visitatori sono tutti ben sparsi nei più di 50 ettari della Faggeta Vetusta dei Monti Cimini, dallo scorso anno Patrimonio Naturale dell'Umanità.
Facciamo anche una scoperta: delle attrezzature di Cinecittà, ancora montante fra gli alberi, ci svelano che qui si sta girando o si è appena finito di girare un film.
Il luogo sembra più "tecnologico" di quel che ci si aspetterebbe: vicino ad una sorta di capanna, realizzata con rami secchi intrecciati, troviamo i bagagli e le attrezzature di un gruppo di "cacciatori". Cacciatori molto particolari, non certo in cerca di selvaggina, ma di un ben più impalpabile bottino: cacciatori di suoni! E un bosco, come puoi immaginare facilmente, è pieno di suoni: il fischiare del vento, lo stormire delle foglie, i versi degli animali. "Cacciarli" non è facile, ma con una buona attrezzatura i suoni si possono "intrappolare" così da poterli poi utilizzare a piacimento, per esempio in questo sito, un archivio dei suoni che si possono ascoltare in giro per il mondo. Incredibile, vero?
Trovare tutta questa modernità in un bosco secolare un po' disorienta: occorre un tuffo nel passato, articolo che non manca dalle nostre parti. Sulla via del ritorno, poco prima di Civita Castellana, ci fermiamo per una visita alle rovine di Falerii Novi, città falisca, fondata dopo il 241 a.C., quando i romani distrussero la vecchia Falerii (ora Civita Castellana). Ma oggi siamo perseguitati! Entrando a Falerii ecco ancora modernità: un cartello che fino a pochissimi anni fa non avrebbe avuto nessuna ragione di essere, ora ci intima di non sorvolare la zona con droni "non autorizzati". Come si possa capire se un drone è autorizzato non lo sappiamo, forse dovremmo chiederlo ai pochi abitanti del luogo.
L'unico edificio è la chiesa in stile romanico di Santa Maria di Falerii o Falleri, della prima metà del XII secolo, restaurata di recente, e l’adiacente abbazia. I resti del teatro, persi nella vegetazione, non sono visitabili. Non potendo sorvolare la zona con un drone, diamo un occhiata da Google, ma non c'è proprio nulla d'altro.
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