Se ami le piante e la natura in genere questo posto è per te: l'Orto botanico di Roma è ospitato nell'antico parco di villa Corsini, un tempo residenza di Cristina di Svezia, sotto il Gianicolo, accanto al carcere di Regina Coeli. Si accede, con qualche piccola difficoltà "urbanistica", da una traversa di via della Lungara, di fianco a Palazzo Corsini.
Il luogo appare subito in tutta la sua magnificenza: un terreno di 12 ettari che ospita oltre 3000 specie vegetali, palme, boschetti di bambù, felci, un roseto, il giardino giapponese, le serre, il giardino delle piante aromatiche! Non si sa da che parte dirigersi, anche perché c'è poco tempo a disposizione prima della chiusura. Ma è anche il nostro terzo tentativo e, pure se abbiamo poco più di un'ora, non intendiamo tornare indietro! Decidiamo di limitare il percorso alla parte pianeggiante, evitando di inerpicarci su per la collina, dove è conservata la struttura arborea originale: un bosco mediterraneo di sempreverdi, detto Bosco romano. E' un peccato perché dalle radure tra lecci e platani secolari, di 350 - 400 anni di età, pare si godano splendidi scorci della città. Ma bisogna pur fare delle scelte e dunque scegliamo e procediamo.
Sulla destra dell'ingresso troviamo subito una buon numero di "piante grasse" (così come usiamo catalogarle noi neofiti) delle più varie varietà: scopriamo di essere i felici ma inconsapevoli possessori di diversi esemplari appartenenti all'Ordine delle Aloeaceae e Agavaceae, qui ampiamente rappresentati, anche in forma di veri alberi ed enormi cespugli! Pare che nell'Ordine in questione il limite dimensionale sia dato solo dalla grandezza dei vasi nei quali li ospitiamo sul nostro balcone: in natura sono dei veri giganti! Passiamo agevolmente sotto un "fiore" alto 3 metri e ne raccogliamo qualche seme che ha sparso sul viale: non si dovrebbe, ma il nostro è un intento scientifico e riproduttivo.
Procediamo lungo il viale fra piante d'alto fusto, ciascuna dotata del suo cartellino, fino a giungere ad una prima serra addossata ad un edificio, architettonicamente notevole e non certo disprezzabile per il suo contenuto di origine tropicale: restiamo ammirati al cospetto di una profumatissima Petrea Volubilis che arriva con i suoi rami al tetto della serra!
Subito dopo un'altra struttura, molto più bassa, che ospita le Succulente: ci sbizzarriamo a fotografarne un gran numero per confrontarle con quelle in nostro possesso. Anche qui scopriamo di avere Mammillarie, Gasterie, Hawothie, Crassule e di non averlo mai saputo! Ce ne vergogniamo un po' ascoltando altri visitatori che citano ora uno ora l'altro esemplare senza leggere i nomi dai cartellini...
Non riusciamo a evitare di infilarci nel bosco, almeno nelle propaggini che arrivano giù a valle dalle parti del roseto, dove incontriamo un bel gruppo di persone accompagnate da un esperto che illustra l'andamento di due enormi alberi uguali, cresciuti a pochi metri l'uno dall'altro: noi da soli non avremmo fatto caso al fatto che i loro tronchi si sono conformati nei decenni (pare che abbiano circa un secolo di vita) per non ostacolarsi a vicenda. Non la sopraffazione di un esemplare sull'altro, dunque, ma la cortese disponibilità a fare spazio al compagno: "Prego, si accomodi!" "Non si preoccupi, mi farò un po' più in là." Stai a vedere che dovremmo imparare non solo dagli animali ma anche dalle piante...
Un viale pavimentato costeggia il bosco di Bambù: esemplari alti come case, fitti fitti da non far passare che pochi raggi di luce! Purtroppo un'ora è passata e dobbiamo avviarci velocemente verso l'uscita, non senza buttare un'occhiata alla casa del guardiano e commentare la "sfortuna" di abitare in un posto simile! Anche il giardino delle aromatiche a disposizione! "Cesare! Va a prendere du' foje de mentuccia che ci ho da cocere la trippa!"
mercoledì 13 giugno 2012
sabato 2 giugno 2012
Roma, Stazione Tiburtina
Attenzione, in questo post non si parla di ristoranti né di cibo: per una volta ci limitiamo ad andare in giro, guardare e fare foto!
Ci troviamo a Roma per altri motivi dalle parti della nuova stazione Tiburtina e decidiamo di dare un'occhiata: non capita tutti i giorni che in una grande città si costruisca una nuova, grande stazione ferroviaria e in questo caso siamo davanti a qualcosa di veramente unico e colossale! E alla straordinarietà della costruzione si aggiunge il suo essere, al momento, pochissimo frequentata: non molti treni e non tanti passeggeri, anzi siamo quasi soli in questo enorme edificio. Una sensazione molto particolare, se si pensa a come appare anche la più piccola stazioncina sperduta in un angolo remoto della penisola: quasi sempre costruzioni non recenti se non proprio vecchie, spesso malmesse, mal curate, sudice e tristi, in genere strapiene di gente affaccendata o sfaccendata, di rumori, di voci, traboccanti di bagagli, di masserizie, di valigie da non inciampare e di odori, tanti odori sgradevoli che pure si fondono in quello che si definisce "odore di treno". Niente di tutto ciò: qui l'odore è di nuovo: gomma nuova, cemento fresco, metallo ruvido, plastica. E detersivo: sembra tutto appena pulito, come se migliaia di addetti avessero da poco passato lo straccio, lucidato, strofinato, lavato e risciacquato! Cristallo, cristallo a perdita d'occhio, vetrate che partono da terra e crescono su su fino al soffitto, a 10 metri d'altezza! E acciaio e legno e alluminio. E non ci sono suoni, se non quelli delle nostre voci che rimbombano, di lontani visitatori che a stento riusciamo a scorgere, di rari annunci di treni in partenza o in arrivo.
Si perché la stazione è a tutti gli effetti aperta, in uso, ma molti uffici sono ancora da inaugurare, i treni sono pochi, gli spazi enormi, la struttura a più livelli separa fisicamente gli ambienti dedicati ai passeggeri, agli uffici ed ai servizi dai binari. Quando tutto sarà finito di qui passeranno migliaia di persone, le scale mobili traboccheranno di gente, i corridoi straborderanno di passeggeri indaffarati, i bar e i ristoranti di avventori affamati, i marciapiedi brulicheranno di uomini sudati, di ragazzi vocianti, di bambini frignanti, di padri accompagnanti, di amici festanti, di mamme commosse per l'ultimo saluto, di fidanzati desiderosi dell'ultimo bacio.
Per ora niente di tutto ciò, solo un gigantesco ponte che unisce due quartieri della città da sempre separati dai binari: basterà a trasformare abitudini e percorsi dei romani? Per il momento non possiamo che immaginare questo luogo come sarà fra un anno o due e iniziare a rimpiangere il momento di sorpresa e stupore che stiamo vivendo.
Ci troviamo a Roma per altri motivi dalle parti della nuova stazione Tiburtina e decidiamo di dare un'occhiata: non capita tutti i giorni che in una grande città si costruisca una nuova, grande stazione ferroviaria e in questo caso siamo davanti a qualcosa di veramente unico e colossale! E alla straordinarietà della costruzione si aggiunge il suo essere, al momento, pochissimo frequentata: non molti treni e non tanti passeggeri, anzi siamo quasi soli in questo enorme edificio. Una sensazione molto particolare, se si pensa a come appare anche la più piccola stazioncina sperduta in un angolo remoto della penisola: quasi sempre costruzioni non recenti se non proprio vecchie, spesso malmesse, mal curate, sudice e tristi, in genere strapiene di gente affaccendata o sfaccendata, di rumori, di voci, traboccanti di bagagli, di masserizie, di valigie da non inciampare e di odori, tanti odori sgradevoli che pure si fondono in quello che si definisce "odore di treno". Niente di tutto ciò: qui l'odore è di nuovo: gomma nuova, cemento fresco, metallo ruvido, plastica. E detersivo: sembra tutto appena pulito, come se migliaia di addetti avessero da poco passato lo straccio, lucidato, strofinato, lavato e risciacquato! Cristallo, cristallo a perdita d'occhio, vetrate che partono da terra e crescono su su fino al soffitto, a 10 metri d'altezza! E acciaio e legno e alluminio. E non ci sono suoni, se non quelli delle nostre voci che rimbombano, di lontani visitatori che a stento riusciamo a scorgere, di rari annunci di treni in partenza o in arrivo.
Si perché la stazione è a tutti gli effetti aperta, in uso, ma molti uffici sono ancora da inaugurare, i treni sono pochi, gli spazi enormi, la struttura a più livelli separa fisicamente gli ambienti dedicati ai passeggeri, agli uffici ed ai servizi dai binari. Quando tutto sarà finito di qui passeranno migliaia di persone, le scale mobili traboccheranno di gente, i corridoi straborderanno di passeggeri indaffarati, i bar e i ristoranti di avventori affamati, i marciapiedi brulicheranno di uomini sudati, di ragazzi vocianti, di bambini frignanti, di padri accompagnanti, di amici festanti, di mamme commosse per l'ultimo saluto, di fidanzati desiderosi dell'ultimo bacio.
Per ora niente di tutto ciò, solo un gigantesco ponte che unisce due quartieri della città da sempre separati dai binari: basterà a trasformare abitudini e percorsi dei romani? Per il momento non possiamo che immaginare questo luogo come sarà fra un anno o due e iniziare a rimpiangere il momento di sorpresa e stupore che stiamo vivendo.
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