sabato 12 ottobre 2019

Roccantica


Approfittando della "giornata del FAI", oggi visitiamo insieme ad una coppia di amici Roccantica: è una ghiotta occasione per vedere quel che di solito non si può vedere di un paese dove comunque eravamo già stati. Ma quel che vedremo oggi è cento volte quel che conoscevamo.
Iniziamo dal giardino di una villa privata che affaccia sullo splendido paesaggio di boschi che circondano il paese. Fra l'altro si scorge la grande e profonda dolina - il Revotano - nella quale, secondo una leggenda locale, sarebbe sprofondato il villaggio originario. Il luogo è affascinante, fosse solo per la casina che si scorge fra gli alberi: un edificio che è un sogno!

Siamo in provincia di Rieti: anche qui l'ultimo terremoto si è sentito e ha lasciato qualche segno. Alcune case sono disabitate - poche - alcuni negozi chiusi. Ricordiamo questo Alimentari che già avevamo notato la volta scorsa per la sua insegna un po' naif. Ora è mestamente chiuso da una staccionata.

Tentiamo con successo di stabilire contatti con gli abitanti del luogo.

Ci dirigiamo, con un po' di affanno, verso la parte più alta e più antica del paese: Torre Niccolò. E' tutto quel che resta del nucleo originario di Roccantica, che era protetto da una triplice cerchia di mura. La torre deve il suo nome a papa Niccolò II, con il quale i roccolani si schierarono nella lotta contro Benedetto X.
Alla base la chiesa della Madonna di Piè di Rocca, edificata nel 1790 e rimaneggiata negli anni ‘70 dal parroco dell’epoca in uno "stile" discutibile ma decisamente originale: profili di ferro battuto ornano le pareti e il soffitto e intarsiano il legno del pavimento.

Dalla sommità della torre la vista spazia senza ostacoli. Poco più in basso la chiesa di Santa Caterina d'Alessandria, un edificio costruito nel 1430 e affrescato da Pietro Coleberti da Priverno in stile tardogotico. La decorazione della piccola chiesa fu commissionata per celebrare degnamente le nozze di Ricciardo, figlio di Armellao De Bastonis, governatore di Roccantica, con Lucia, nipote di Corrado Trinci, signore di Foligno, matrimonio che avvenne nel 1432. Purtroppo alcuni affreschi sono irreparabilmente rovinati ma la parete ovest è ancora in buono stato di conservazione e dà un’idea di come dovesse presentarsi in origine la decorazione.

Mangiamo alla trattoria "De U Compare", cucina sarda e locale, già frequentata in passato. Gli anni sono passati e chi prima correva in triciclo fra i tavoli ora ci porta le buone cose preparate in cucina.


Dalle grandi vetrate si gode una splendida vista sui colli sabini: un motivo in più per tornare qui a mangiare le seadas.

sabato 21 settembre 2019

Tarquinia: notte al museo


Penultimo fine settimana a Tarquinia: fra sette giorni si chiude! il mare di settembre è bellissimo e fa male al cuore pensare di lasciarlo proprio ora.

Cerchiamo di sfruttare questi ultimi momenti per vedere quel che si può vedere solo in questi giorni: sono arrivati i migratori nelle saline e al mattino presto è possibile osservarli.


L'acqua è così limpida, la spiaggia così vuota, la voglia di mare così tanta solo a settembre, quando l'estate sta finendo: oggi.

Passiamo le ormai poche ore di sole... al sole! fino all'ultimo raggio!

Proprio fino all'ultimo...

...ed oltre.

Ma la giornata non finisce al tramonto: stasera il museo nazionale è aperto al pubblico. Un'occasione da non perdere.


Visto di notte un museo, qualsiasi museo, ma soprattutto un museo che come questo conserva le spoglie di un popolo perduto, visto di notte acquista un fascino misterioso ed inquietante...

Gli Etruschi, come molte popolazioni scomparse, hanno lasciato solo le loro tombe. Quel che il museo di Tarquinia ospita proviene dalla vicina necropoli e dalle altre sepolture sparse nella zona. Siamo in un cimitero. Quel che manca sono solo i corpi, ma tutto il resto è qui, tutto il resto...



I Cavalli Alati, una meravigliosa manifattura in lastra di terracotta, è emersa nel 1938 durante gli scavi che portarono alla luce l'Ara della Regina. Era in coppia con un'altra lastra raffigurante una biga, sfortunatamente andata perduta: insieme ornavano il frontone del tempio.


Osservare di notte queste eleganti architetture non può non ricordare i lavori di Escher.


Avviandoci verso l'uscita da un ballatoio ci voltiamo a guardare ancora una volta i Cavalli alati: la lastra venne ritrovata in frammenti e per poterla ora ammirare nel suo splendore è stato necessario un minuzioso lavoro di restauro.





sabato 31 agosto 2019

Campitello di Fassa, Col dei Rossi


Oggi ci hanno consigliato di far merenda a Campitello, alla pasticceria Marlene, lungo la strèda dò Ruf! Non solo strudel ma anche tutti i dolci e le torte della tradizione locale. Sembra proprio una buona maniera di passare il pomeriggio.

Dall'altra parte della strada il torrente scorre veloce: lo scavalchiamo passando su un ponticello e ci aggiriamo fra le case di Campitello.

Ce la prendiamo comoda, senza costringerci ad andare per forza da qualche parte. Anzi torniamo addirittura indietro di qualche chilometro (noi che andiamo sempre avanti!) per dare un'occhiata ad un parco avventura che abbiamo visto passando, a Campestrin: percorsi aerei su ponti di corde, arrampicate sui muri... cose bellissime da guardare ma non alla nostra portata. Meglio riprendere la strada per Canazei e di là proseguire l'esplorazione, senza una meta.

Arrivati a Canazei pensiamo di andare su  per la Sella, ma il cielo verso nord non sembra tranquillo: scure nuvole incombono. Proseguiamo più serenamente lungo la valle e ci fermiamo molto prima del lago di Fedaia, che pur sarebbe interessante da vedere, perché scorgiamo qualcosa fra gli alberi, un passaggio, un ponticello...

...attraversiamo un torrente tumultuoso (che sicuro viene giù dal lago) per ritrovarci su un sentiero che si inoltra nel bosco...

...in un posto magico, abitato da strane creature che sembrano sporgere la testa dalla tana...

...e dove si incontrano cuccioli di abete...

...fino a giungere in una radura proprio sotto la Montagna, quella con la maiuscola: la Marmolada!

Alcuni del nostro gruppo nei giorni scorsi sono saliti fin sul ghiacciaio, ma vista da qui sotto è veramente imponente, maestosa, inquietante...

...e solo quando le ombre cominciano ad arrampicarsi sulle rocce più alte decidiamo che è ora di tornare al campo base: questa è la nostra ultima sera in Val di Fassa, domani si torna ciascuno alla sua casa e brindiamo alla partenza insieme a tre modelli d'eccezione che indossano per l'occasione capi firmati del mercato di Pozza.


venerdì 30 agosto 2019

Lago di Carezza - Bolzano


Oggi si ritorna in formazione ridotta: siamo solo in tre impavidi a raggiungere il lago di Carezza, una comoda e affascinante meta che avevamo riservato quasi alla fine di questa settimana nel Trentino.

Si arriva al lago direttamente dalla statale che lo costeggia e comodamente si parcheggia - a pagamento - giusto dall'altra parte della strada.


Il lago è di un incredibile color smeraldo che lascia allibiti. In questa stagione la superficie è molto ridotta ma ciò nonostante il fascino del luogo non teme né la poca acqua né l'incredibile numero di turisti che assediano le rive in doppia e tripla fila.
Ma anche qui è passato il nubifragio dello scorso anno e anche qui larghe fette di foresta sono state rase al suolo. In considerazione dell'importanza turistica del sito, i boscaioli si sono affrettati a rimuovere la maggior parte degli abeti caduti, almeno quelli che erano più visibili dalle sponde del lago. Ma lì in alto resta un testimone solitario di tanta devastazione, un immagine che è addirittura più sconvolgente perché evidenzia in maniera drammatica qual era lo sky line precedente: questo declivio era tutto fitto di alberi, un compatto velluto dal quale l'abete superstite appena spuntava con i suoi rami più alti.
Inoltrandosi in quel che resta della foresta si può vedere con quanta forza queste piante sono abbarbicate alla roccia e ancor più si resta increduli nel considerare l'enorme energia che è stata sviluppata per buttarle giù.
  
La parte più o meno intatta della foresta, che prima circondava completamente il lago, riserva comunque piccoli e grandi tesori, come questo fungo che spunta fra i ciclamini. Continuando per il sentiero che percorriamo avremmo dovuto trovare anche un secondo piccolo lago, chiamato "di mezzo", ma è tale la siccità che lo attraversiamo a piedi, rendendoci conto solo al termine del tragitto di aver calpestato le erbe lacustri che crescevano nel fondo: del lago non è rimasta una sola goccia!



Ritorniamo verso il parcheggio attraverso un tunnel che passa sotto la statale: cosa non si fa per la sicurezza dei turisti da queste parti! La precauzione è indispensabile: la strada è percorsa incessantemente da grossi camion, molti dei quali trasportano tronchi diretti alla segheria più a valle.
Prima di sederci per uno spuntino a base di specialità locali, ci fermiamo a lungo ad esaminare le strutture risonanti fabbricate con il particolare legno degli abeti del posto: si può ascoltare i suoni diffusi in una sorta di cappa acustica sulle nostre teste o percuotere delle travi di varia lunghezza per apprezzare le diverse vibrazioni che si generano.


Per pranzo scegliamo Weißwurst (sasiccia bianca di vitello e pancetta di maiale) con senape e ciambella di pane Pretzel: una squisitezza! Il caffè però andiamo a prenderlo a Bolzano, sono solo 25 km.
La scelta è ottima: il caffè non è male e la città veramente bella! Le architetture di guglie e torrette, tetti spioventi e bow windows, decorazioni e affreschi, risultano fin troppo fastose, a tratti disneyane: non siamo abituati a tante ricchezze e abbellimenti.
Ma anche la gente qui è bella, sorridente, "fastosa": giovani vocianti, mamme e bambini che giocano, nonni e nipoti, immigrati che danno voci dalle bancarelle... sembra Napoli!



E non tardiamo a trovarlo un pezzo di Napoli, messo lì su una sedia fuori da un negozio, senza tanti complimenti, come qui non ci si aspetterebbe ma nella città partenopea sarebbe assolutamente normale: un napoletanissimo "piennolo" di pomodorini di montagna. Mi sa che qui gli immigrati non sono solo bengalesi...



Ovvio che qui ci siano anche architetture più antiche e decisamente spartane. E cosa c'è di più essenziale di un monastero francescano? Quello di Bolzano, ormai in pieno centro, è datato 1239. La chiesa è ancora in ottimo stato.



Questa era forse una delle porte della città? Non lo scopriamo: la targa affissa di lato ricorda solo che 109 anni fa Bolzano e Dodiciville si sono riuniti un un unico comune. Ed è stata sicuramente una buona idea: a quanto apprendiamo da un bassorilievo, qui i monaci sapevano come fare la birra...