Sartù

'o sartù 'e ris'

Ottimo e nutriente piatto della tradizione gastronomica settecentesca: secondo i sacri testi è all'epoca che deve essere fatta risalire la ricetta, inventata dai cuochi francesi, i monzú (come li chiamarono i napoletani storpiando la parola monsieur). Fu la regina Maria Carolina, al tempo delle nozze con Ferdinando IV di Borbone, a farli venire a Napoli per francesizzare la cucina della nobiltà napoletana. Fra l'altro i monzù provarono, a quanto pare, a riscattare l'immagine del riso, fino a quel momento e "per merito" della scuola medica salernitana, ritenuto alimento per ammalati, se non addirittura medicinale! e a favorirne la diffusione nella cucina dei napoletani, già allora noti "mangiatori di maccheroni". A ciò doveva contribuire il Sour Tout (sopratutto), adattato nella lingua napoletana in Sartù. Sarebbe interessante capire chi ha ragione, coloro che sostengono che il nome originale derivi dalla collocazione privilegiata nei menù dell'epoca o alla ricchezza della ricetta, nella quale c'è "sopratutto"... di tutto: carne, funghi, piselli, uova, burro, salsa, salsicce, polpette... e il riso! 
Come al solito, questa che vi proponiamo è la versione per quanto possibile semplificata e adattata alle nostre capacità e al gusto dei nostri "clienti".

Occorrente per cinque persone affamate
(se non sono affamate, lasciate perdere):


300 grammi di riso (solo per questo si chiama "sartù di riso"...)
300 grammi di carne di manzo macinata
400 grammi di cervellatina, salsiccia simile alla luganica, ma a pezzi grossi
200 grammi di piselli sgranati, anche surgelati
500 grammi di fiordilatte di Agerola o di Sorrento (a trovarlo! lo riconoscete dalla foto)
6 uova
Fiordilatte di Agerola: speciale!
mezzo  bicchiere di buon vino rosso secco
una carota
un tozzo di pane raffermo, solo la mollica, 150 grammi
un litro di brodo, anche fatto col preparato granulare, meglio di carne
una bottiglia di passata di pomidoro da 700 ml
un barattolo di conserva di pomidoro da 100 grammi
100 grammi di pecorino grattugiato
100 grammi di burro (o di strutto, se ve la sentite....)
1 bicchiere e mezzo d'olio extra (compreso quello per friggere)
una cipolla dorata
pangrattato
sale e pepe
Quanta roba, eh? Se andate a pesare sono oltre 3 chili! E questa è la versione povera...

Appena sfornato
Ma diamoci da fare ché ci vuole un sacco di tempo per preparare questa ricetta. Eventualmente il ragù può essere preparato il sabato sera se volete servire il vostro sartù la domenica a pranzo. Di certo è necessario affettare il fiordilatte e tenerlo in frigo per qualche ora.
Il ragù lo realizzeremo in versione light, per così dire: in una pentola di coccio (ma noi ormai ci siamo convertiti all'alluminio porcellanato) da 20-24 cm fate soffriggere a fiamma bassa la cipolla affettata sottile e la carota un po' più spessa in mezzo bicchiere d'olio e 50 grammi di burro o strutto. Appena la cipolla imbiondisce (un biondo chiaro, mi raccomando) aggiungete la salsiccia intera e fatela rosolare per bene, girandola almeno un paio di volte. Sfumate col vino. Si aggiunge il concentrato di pomidoro e si fa stringere fino a che non avrà preso un bel colore scuro, girando con la cucchiarella delicatamente per non fa appiccicare il tutto nella pentola. Certo, se ne usate una porcellanata il problema dell'appiccicamento si minimizza... Ora la passata, ma prima togliete la salsiccia e mettetela da parte in un piatto. Ora lasciate sobbollire (peppiare) lentamente la salsa almeno un paio d'ore, verificando se serve regolare di sale.
Le polpettine si preparano con il macinato, la mollica bagnata e strizzata per bene, due uova, due cucchiai di pecorino. Il sale non dovrebbe servire: è nel pecorino. Si appallottolano poco più grandi di una nocciola e si girano prima in un albume d'uovo sbattuto e poi nel pangrattato. Si friggono nell'olio bollente, ma senza farle scurire troppo, diciamo che color Cappuccino vanno bene. Frate Cappuccino, non tonaca di Francescano!
Dividete il ragù a metà: in una parte mettete le polpettine e i piselli, che prima avrete girato delicatamente in un po' di burro o sugna e qualche fettina di cipolla e tenete a fiamma bassissima in un angolo del fornello.
L'altra metà della salsa servirà a preparare (finalmente!) il riso: lo verserete direttamente crudo nel sugo bollente e lo farete andare finché non avrà preso colore, girandolo per benino con il solito cucchiaio di legno. Aggiungete il brodo caldissimo un po' alla volta e cuocete al dente. Non serve sale: è già nel brodo, se lo avete preparato col granulare, anche se controllare non fa mai male. Senza scottarsi!
Nel frattempo (è un po' complicato stabilire quando: le cose da fare sono tante! bisogna organizzarsi o lavorare in due che, se non si litiga, è divertente!) avrete affettato la salsiccia in rondelle di mezzo centimetro di spessore con un coltello affilato. Aspettate che si sia raffreddata: se lo fate quando è calda potrebbe sbriciolarsi. Sempre nel frattempo avrete preparato le uova sode  tagliate a pezzetti: anche questa operazione preferiamo farla a freddo: di sicuro non ci si scotta!

La teglia nella tradizione è quella "col buco", ma la questione è controversa. Qualunque teglia userete (la nostra è di Pirex, come potete vedere) va imburrata (o insugnata) e cosparsa di pangrattato. Il forno deve essere già caldo, perché ormai ci siamo: nella teglia un primo strato di riso, poi QUASI tutto il sugo ma tutte le polpette, le uova sode, il fiordilatte che avevate già tagliato e lasciato in frigo e le salsicce. Non occorre dire che il tutto deve essere omogeneo. Spruzzate di pepe. Ricoprite con il riso restante, livellate e lisciate con una cucchiaiate di ragù, oppure con un po' di sugna e spolverate di pangrattato. Infornate per circa tre quarti d'ora a 160-180 gradi massimo. Sfornate, lasciate raffreddare un po' e servite. Se la teglia è col buco o comunque alta l'ideale è capovolgere il sartù in un piatto di portata: si presenta molto meglio. Avete da parte ancora un po' di ragù col quale potrete guarnire nel piatto la fetta di sartù.

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