Stamattina siamo a Tagliacozzo. Volevamo andare un po' in giro con gli amici di Roma e siamo capitati qui, scegliendo a caso, senza un preciso motivo. In realtà c'è sempre un buon motivo per andare da qualche parte: il piacere di stare insieme.
Ti starai chiedendo cosa stiamo guardando col naso all'insù: ebbene, giunti in paese, dopo pochi passi del nostro solito girovagare senza meta, siamo arrivati nel duecentesco convento intitolato a san Francesco e nella volta a botte dell'ingresso abbiamo trovato affrescato l'albero genealogico delle diverse famiglie francescane del posto, formato da venti rami con i relativi nomi indicati sopra i volti. Da un'iscrizione alla base, apprendiamo che fu dipinto nel 1608, molti anni dopo la costruzione originale. Ed è questa particolare opera che ammiriamo a rischio di un torcicollo.
Il paese non è molto grande e ci mettiamo poco a girarlo, anche se siamo costretti ad inerpicarci per strette stradine e ripide scale. Visitiamo una chiesa, ci affacciamo nel portone di un convento di Clarisse.
Il paese non è molto grande e ci mettiamo poco a girarlo, anche se siamo costretti ad inerpicarci per strette stradine e ripide scale. Visitiamo una chiesa, ci affacciamo nel portone di un convento di Clarisse.
Poi ci dirigiamo verso la parte bassa del paese, verso il nostro ristorante. Per una volta abbiamo scelto con cura, analizzando su Internet consigli e voti degli avventori, è abbiamo trovato La Parigina, nome incongruo del quale dimentichiamo di chiedere una spiegazione ai gestori. Si tratta di un vecchio edificio lungo la via dei Mulini graziosamente ristrutturato. Ovvio che lungo la via dovesse esserci più di un opificio, visto che la strada costeggia l'impetuoso torrente Imele. Sotto un pergolato troviamo la foto di come si presentava il luogo un tempo e bisogna dire che il restauro è stato abbastanza rispettoso e non ha del tutto cancellato il passato.
Il confronto con la foto di almeno sessanta anni fa ci induce a qualche considerazione ma la discussione subito si spegne nel constatare che l'ora di pranzo è ormai giunta: ci affrettiamo ad occupare il nostro tavolo. Sedicente osteria, in realtà il locale che ci ospita è abbastanza raffinato da offrire un menù interessante e richiedere un corrispondente prezzo non proprio economico. Ma ne vale la pena: mangiamo decisamente bene, in una piccola sala accanto ad un termocamino che riscalda ottimamente l'ambiente. Fuori fa un bel freschetto ma è nulla in confronto con quel che verrà la prossima settimana, quando l'inverno si farà seriamente sentire per la prima volta quest'anno.
Dopo pranzo girovaghiamo senza allontanarci troppo dall'acqua. Dire che via dei Mulini costeggia il torrente è improprio: le case sono proprio SUL torrente e non si capisce esattamente come facciano a stare ancora su. Il paese è in fondo ad una gola profonda dove il sole d'inverno arriva poche ore: fa un gran freddo e ci sono punti all'ombra dove si sono formate sottili e insidiose lastre di ghiaccio. Non possiamo salire a monte e andare a curiosare fra le rovine degli antichi mulini. Sappiamo che il sentiero passa nel bosco accompagnato dal fragore del torrente in basso fino alla risorgente dell’Imele, dove l’acqua fuoriesce copiosa e precipita formando una rapida e delle cascatelle: sarà per la prossima volta ma non prima della primavera.
Tagliacozzo era di sicuro zona di allevatori e doveva trovarsi al margine di un tratturo: lo deduciamo da questo vecchio cartello che intima ai pastori di non tagliare per le vie del paese con le loro greggi.
Ci saluta uno splendido tramonto che tinge di rosa la cima del Velino.