domenica 15 aprile 2018

Amelia


Una giornata dedicata interamente ad Amelia. Nella cittadina umbra è in svolgimento il Festival di arte contemporanea SENTIERI: a quanto leggiamo, la manifestazione è abbastanza articolata e vedere tutto quanto c'è da vedere potrebbe portar via più di qualche ora. Ciò nonostante ce la prendiamo comoda e molto alla larga: parcheggiamo sotto le mura, dalla parte opposta alla porzione crollata, in un punto dal quale la città appare decisamente in alto! E arrivare fin su richiederà più di qualche sforzo.

C'è per contro la soddisfazione di fare un percorso decisamente originale e poco frequentato: mentre ci inoltriamo lungo il sentiero incontriamo giusto un cercatore di asparagi, ma è una fortuna, perché ci indirizza sulla via giusta. Possiamo così osservare da vicino le imponenti mura poligonali che cingono la città. Misterioso come si potesse costruire in epoca preromana un manufatto di tale entità e complessità: i blocchi, di forma irregolare, sono tagliati con incredibile precisione e aderiscono perfettamente l'uno all'altro, senza altro che la forza di gravità ad unirli. Nella parte superiore, e in altri punti della cinta, l’opera è invece di periodo medievale e meno interessante.

Iniziata come una comoda passeggiata, l' escursione diventa nell'ultima parte un minimo impegnativa, almeno per le nostre belle scarpe. Ma avremo modo di preoccuparci ancora per le nostre calzature nel corso della giornata.
Da qui in alto si gode di una vista decisamente affascinante: sotto di noi la valle Amerina, Rio Grande e il ponte romano che lo attraversa, un'altra meta da tenere a mente.
Passiamo Porta della Valle e percorriamo via Piacenti, via del Teatro e poi via Garibaldi, fino all'ingresso della Cisterne: è qui che dovrebbe iniziare il percorso della manifestazione.



Ma non siamo ben informati, la manifestazione SENTIERI non ha un vero e proprio inizio: sono percorsi espositivi che - come si dovrebbe intuire dal nome - si dipanano lungo tutta la città. Oltretutto le Cisterne stanno per chiudere: abbiamo solo mezz'ora per improvvisarci speleologi. Per fortuna c'è chi riesce subito ad indossare con nonchalance la mise adatta. Dopo un paio di capocciate (ecco perché bisogna mettere il caschetto!) riusciamo ad abbassarci a sufficienza da poter passare da una sala all'altra senza ulteriori incidenti.



Le Cisterne sono dieci grandi ambienti comunicanti, un percorso abbastanza scomodo e decisamente umido: finiamo subito con i piedi a mollo nella - poca - acqua che rimane a testimoniare la funzione dell'imponente complesso scavato sotto la città. Ma almeno si può giocare con la eco.

Nella volta di recente  rinforzata in solido cemento armato si aprono i pozzi dai quali gli amerini nei tempi andati calavano i secchi per rifornirsi del prezioso liquido.

Ma ecco finalmente il motivo che giustifica il fatto di trovarci qui con i piedi nell'acqua: in fondo ad una sala - la più allagata - si scorge una prima opera di Sentieri, lontana, irraggiungibile e poco illuminata. Da questa distanza sembra una foto elaborata, raffigurante un edificio, presumibilmente della città superiore, collocata su di un telo in materiale plastico adagiato su un grande cavalletto ligneo. L'artista avrà certo voluto cogliere significati nascosti nella banalità della struttura urbana, ma a noi che non possediamo strumenti culturali adeguati a decifrare quest'opera, il risultato non sembra poi un granché. Tanto meno la sua collocazione.

Un po' delusi da questo primo approccio, risaliamo la ripida scala. La gentilissima guida delle Cisterne ci attrezza per proseguire lungo "sentieri" un po' più ordinati: ci consegna delle mappe, alcune brochure, ci fa delle raccomandazioni, ci consiglia soprattutto di visitare Palazzo Petrignani e prima ancora di andare a mangiare. Ci avrà visti provati per l'ascesa?
Lungo la strada in cerca di un ristorante, abbiamo modo di ammirare la Loggia dei Banditori a piazza Marconi,  gli archi d'accesso all'acropoli, 
il bell'atrio in travertino di un edificio privato. Insomma, non perdiamo il nostro tempo.

Troviamo alla fine quel che ci serve: dopo aver scartato un paio di ristoranti che ad una prima occhiata sembravano pure promettenti, ci fermiamo da Dentramelia, un nuovo locale che avevamo già notato qualche tempo fa, quando era ancora in procinto di aprire. Il responso è buono e lo terremo presente in futuro. Se dobbiamo fare un appunto, è proprio quell'essere nuovo che dà una sensazione un po' fredda e poco accogliente, che immaginiamo col tempo si smorzerà.
Col tempo e con delle luci migliori: quelle attuali non incontrano la piena approvazione dei commensali, anzi suscitano qualche perplessità, come documentato dalla foto.


Armati finalmente di una mappa dell'esposizione, percorriamo le strade di una parte della città che non conoscevamo, in cerca di altre opere in mostra. Sono collocate in posti originali: nell'androne di un palazzo, in un negozio di orologi fuori esercizio, in un edificio nobiliare del '500. E' qui, a Palazzo Petrignani,  che ci fermiamo più a lungo, anche perché incontriamo nuovamente la gentile guida delle Cisterne, costretta ad avvicendarsi ora qui prima là. Ma deve di sicuro preferire questo palazzo: anche se non offrirebbe molto oltre a bei soffitti affrescati, lei è in grado di dilungarsi in competenti spiegazioni. Fa piacere vedere persone che fanno il proprio lavoro con passione.

Il palazzo affaccia su piazza Marconi con un'imponente facciata in laterizi a cortina su quattro livelli. Sull'asse centrale il grande portone che è solo un ingresso incompiuto: lo scalone principale per accedere ai piani superiori non fu mai costruito. L’ingresso in realtà è situato nella facciata opposta alla piazza, ad un livello superiore. Delle due sale visitabili, la più importante è detta dello Zodiaco: nelle lunette sono rappresentati i mesi dell’anno e i relativi segni zodiacali. Gli affreschi sono stati attribuiti alla scuola di Taddeo e Federico Zuccari per la somiglianza del ciclo amerino con quello più importante e famoso di Palazzo Farnese a Caprarola. Fonte di ispirazione fu sicuramente il cambiamento apportato da papa Gregorio XIII con la riforma del calendario.
Ovviamente apprendiamo tutte queste informazioni dalla nostra disponibile guida.

Per contro, gli artisti che espongono le loro opere sembrano restii a comunicare coi visitatori, vuoi per problemi linguistici (sono tutti stranieri), vuoi per l'oggettiva difficoltà a tradurre in parole il significato dei loro lavori.
Nella Sala dello Zodiaco sono esposti numerosi dipinti a tecnica mista che ci colpiscono per il loro tratto naif e per l'ossessiva ripetizione del tema uomo-macchina: avremmo piacere a discuterne con l'autrice, che pur presente non sembra disposta a rivolgerci neppure un timido sguardo.
Tutt'altra location quella nella foto a sinistra: qui trovare l'opera in mostra fra tutte queste macerie è proprio difficile. 


Un po' stanchi di arte contemporanea, proseguiamo visitando il Museo Archeologico: qui certo andremo sul sicuro! Il chiostro che dà accesso alla struttura ci svela che all'origine questo era un monastero. Osserviamo che il cortile centrale in cotto spigato nasconde la cisterna alla quale si attingeva dal pozzo centrale.


Fortuna vuole che stia per partire una visita guidata. Si inizia dall'esterno del Museo,  visitando la cantina di una vicina casa privata, dove si può ammirare un pavimento in mosaico romano discretamente conservato.

Ci spostiamo nel Museo: il percorso si snoda fra i numerosi pezzi rinvenuti in zona e comprende una lunga sosta presso la statua del generale romano Nerone Claudio Druso, detto Germanico, trovata nel 1963: alta più di due metri, è armata e coperta da una corazza di bronzo riccamente decorata. Apprendiamo dalla guida - una nuova, non la stessa delle Cisterne e di Palazzo Petrignani - delle gesta del buon Germanico e del suo triste destino: i romani di un tempo, anche quelli di classi elevate, non se la passavano poi tanto meglio dei loro odierni pronipoti, fra contrasti politici e tradimenti.
Torniamo alla modernità visitando Kaleidos, personale di Daniela Rogani, allestita in un'ala del Museo.  Potremmo desumere direttamente le opportune informazioni, leggendo nella brochure che l'artista è "da sempre impegnata nella costruzione dell’immagine tramite l’uso della spatola e trasforma la sua tecnica in un’esperienza fisica che le permette di vivere e riproporre su tela i movimenti interni della natura" ma sentirselo dire direttamente da lei è molto molto meglio: siamo dei fanatici della comunicazione interpersonale.


Concludiamo la nostra vista nel cortile interno di un palazzo - che per inciso ospita l'ingresso di un interessantissimo negozio di specialità alimentari amerine, purtroppo chiuso - cortile che ci attrae anche per la semplicità delle sue linee architettoniche... ma, cosa c'è lì dietro la grata di quella finestra? Uhm, sembra proprio un altro "pezzo" di Sentieri...

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