domenica 29 giugno 2014

Ferento, Montecalvello, Sipicciano


 Partiamo un po' sghembi, oggi: prendiamo prima la strada verso i monti, invertiamo poi la direzione per andare al mare, deviamo infine verso il lago... più o meno.
Ma sono proprio le intuizioni che si hanno sul momento, unite a quel tocco di magia, a un pizzico di fortuna e alle nostre proverbiali incertezze che ci permettono di trovare posti sempre nuovi ed interessanti: se si uscisse di casa con l'idea di andare in un luogo preciso non si scoprirebbe mai nulla!

 Infatti, dopo tanto peregrinare, giungiamo a Ferento: non un paese ma un sito archeologico di notevole bellezza! Come ci siamo arrivati? Perché ad un certo punto del nostro ondivago percorso Francesca ha un'intuizione e "giriamo il carro" per di qui!
 Quel che rimane dell'antica Ferentium è un teatro in discrete condizioni e parte di un complesso termale. Ma le case? E' improbabile che si venisse fin qui con la biga per assistere ad una commedia o prendere il bagno, quindi qui doveva esserci un abitato, anche di una certa importanza. Ma dove? Al di fuori di queste due strutture non si vede neppure un pezzo di muro...
 Ci viene in aiuto Internet, da dove possiamo desumere che qui, già intorno al 90 a.C., esisteva un'importante municipium, che in età Imperiale annovera "...il Teatro, il Foro, le Terme, una Fontana contornata da numerose statue e l'Augusteo".
Disgraziatamente Ferento era vicina, troppo vicina - soli 6 chilometri - a Viterbo e fra le due città fu la seconda ad avere il sopravvento nel 1172 e a radere completamente al suolo l'abitato che vanamente stiamo cercando!
Parte degli abitanti pare fossero riparati nelle grotte non distanti e abbiano lì fondato Grotte Santo Stefano: non possiamo non recarci in questo luogo, in cerca di una traccia che lo ricolleghi a Ferento. Detto fatto ci rimettiamo in marcia, ma proprio alle porte di Grotte incappiamo in un bell'agriturismo, Il Casaletto, che spegne la voglia di ricerca storica e il nostro appetito con delle pappardelle al cinghiale niente male.

 Distratti dal buon pasto, dimentichiamo i nostri propositi storiografici e proseguiamo placidamente lungo la strada che da Grotte Santo Stefano si diparte verso la valle del Tevere. Dopo pochi chilometri passiamo sotto le mura di un borgo, neppure segnato sulla carta: siamo a Montecalvello, una piccolissima frazione di Viterbo.

 Poche case circondano un ben più vetusto maniero, al quale accediamo da una galleria aperta verso la strada, una difesa dalla quale gli armati potevano controllare l'unico accesso al castello. La volta di questo passaggio appare realizzata col metodo a "incannucciata", un sistema in uso secoli addietro.
 Dalla galleria, dopo una strettoia che al lato presenta una cella - forse un posto di guardia, forse una prigione - si giunge in un primo slargo sul quale si affaccia la chiesa di Santa Maria.
Procedendo sulla sinistra si arriva nella corte del castello, dove si aprono gli ingressi dell'edificio. Una fontana allieta col suo gorgoglio la piazza deserta.

 Comunque sia, riusciamo a trovare amici simpatici dappertutto, anche in un borgo che sembra disabitato...
Ma che tanto disabitato non deve essere, se da una finestra ci giungono voci di bambini.

 Dall'imponenza dell'edificio, dalla ricchezza delle decorazioni, dalle iscrizioni sulle finestre si deduce che il castello deve essere appartenuto ad una famiglia di grande importanza: una veloce scorsa alla nostra enciclopedia elettronica ci informa che nella seconda metà del duecento il signore del luogo era tal Alessandro Calvelli, dal quale presumibilmente prese nome il borgo.
Con gran sorpresa scopriamo che nel 1970 il famoso pittore Balthasar Klossowski de Ròla, più noto come Balthus, acquistò il castello per poi lasciarlo in eredità al figlio: forse l'eccentrico signore che incontriamo di sfuggita è un Klossowski de Ròla?
 Il luogo è di grande fascino, ma l'angolo più affascinante è sicuramente questo, sapientemente incolto, ordinato nel suo disordine, con quell'aria antica e "un po' così" che tanto ricorda la nostra prima casa a Sacrofano...
 Percorrendo a ritroso il cammino, costeggiamo un muro ricoperto da una vigorosa clematide fiorita e abbandoniamo Montecalvello.
 Ma il nostro peregrinare per oggi non è terminato: nuova tappa a Sipicciano, dove è in corso la "sagra del bombolone": bisogna indagare sulla natura di questo bombolone! Che sarà mai? Lo scopriremo solo dopo una visita al piccolo centro storico. Vi si accede da una stretta scala, quasi si entrasse in un palazzo.
 Sipicciano è frazione della vicina Graffignano. Il borgo, adorno di due torri ottagonali, possiede un tesoro che ci viene negato: la cinquecentesca Cappella Baglioni non è visitabile! Anzi, la chiesa tutta, dedicata a Santa Maria Assunta, sembra malmessa, affiancata da una struttura di emergenza che sorregge la muratura.
 Ancora un breve giro che ci riporta alla piazza principale, e poi via a caccia di bomboloni! Li troviamo al campo sportivo, dove è allestita la sagra: ottimi! ripieni di cioccolato o di crema, una vera squisitezza! La goccia che colma il vaso: non resta che tornare a casa.

sabato 21 giugno 2014

Tarquinia, Porto Clementino


Pino a vento
Come sabato scorso - non l'abbiamo detto ma sappilo - passiamo la giornata a Tarquinia, anzi, per essere precisi a Porto Clementino: un angolo di spiaggia in prossimità delle saline.
Insediamento etrusco e poi colonia romana, Gravisca (questo era il nome originario) fu un porto fiorente, distrutto dai barbari di Alarico. Anche gli aragonesi non trovarono il luogo di loro gradimento e lo rasero al suolo nel 1481. Per  ultimi i tedeschi, durante le seconda guerra mondiale, non poterono resistere alla tentazione di cancellare dalla mappa il porto che nel frattempo era stato ricostruito da papa Clemente XII e aveva preso il suo nome.

Brutta chiesa fra belle nuvole
Malgrado la bella giornata non c'è tanta gente e ci possiamo godere il mare in tranquillità e anche il vento, che da queste parti non deve essere infrequente, a giudicare dagli alberi... Pranziamo da Falcioni, sulla spiaggia, a cento metri da dove eravamo accampati: una buona frittura di paranza, gamberi e calamari apprezzabili. Ma ancor meglio il Vermentino di Scansano: sarà il nostro vino dell'estate!
A poca distanza uno di quei mercatini di cianfrusaglie e artigianato, dove tutti si aggirano e nessuno compra. Per distinguerci acquistiamo un insalatiera decorata a mano. La ceramista lavora a qualche chilometro da casa nostra e conosciamo il suo laboratorio, ma non abbiamo mai trovato il tempo per fermarci: siamo lieti di poter dare ora il nostro piccolo contributo all'artigianato civitonico.
Pomeriggio in spiaggia fino a tardi: oggi è il giorno più lungo dell'anno e non vogliamo perderci niente!



Falcioni - Lungomare dei Tirreni 5, Tarquinia - 0766 864692

lunedì 2 giugno 2014

Pianiano


 Ti sfidiamo a trovare sulla carta stradale Pianiano, il paesino dove siamo arrivati oggi! Ti diamo un aiuto: siamo in provincia di Viterbo, ai margini della Toscana... Trovato? Beh, è molto difficile che tu riesca a scovare questo piccolo borgo di 13 (tredici) abitanti. Non ci riesce neppure Google Maps, che ti porta a Cellere, il comune di cui Pianiano è frazione, a quattro chilometri da qui.
Eppure Pianiano ha avuto i suoi momenti di gloria, quando era possedimento dei Farnese. Purtroppo la malaria ha spopolato più volte questo borgo: diversamente dalle località che abbiamo visitato sabato scorso, qui la gente non trovava rifugio estivo, da qui fuggiva.

 Siamo a Pianiano per la rassegna florovivaistica Al di là del giardino, che da sette anni anima il borgo per qualche giorno: è difficile incontrare tanta gente da queste parti, di solito.

 Oggi invece i visitatori  non mancano e non mancano ovviamente le bancarelle degli espositori, qualcuna anche un po' fuori tema, come questa coloratissima di cappelli di ogni foggia.
La nostra guida - anche lei munita di cappellino di paglia - ci racconta di queste mura e dei suoi abitanti, delle vicissitudini che Pianiano ha attraversato, degli Etruschi che qui erano di casa (prima di trasferirsi, incredibile, ad Ischia!), degli Albanesi che ebbero in dono le terre qui intorno ma poi fuggirono anche loro (andarono a Napoli: la Campania doveva essere di moda, da queste parti), dei briganti che spadroneggiavano (e difendevano) il borgo. 

 Pianiano, adorna di fiori, piante, colori, gente, appare molto grazioso, ma è talmente piccolo che non abbiamo dubbi: anche da domani queste poche casa saranno belle, anche quando qui potrai girare con la quasi certezza di non incontrare neppure un gatto. Beh, forse qualcuno lo troverai... 
 Anche le "erbacce" qui sono curate, non c'è che dire. Ma non cercare un bar per un caffè o peggio un ristorante: non c'è nulla del genere. E la strada per il paese più vicino non è breve.
Non c'è da stupirsi se in pochi hanno le ossa per abitarci.

domenica 1 giugno 2014

Sant'Oreste, Festa della Madonna di Maggio


 Sai che non siamo molto attratti dalle feste religiose, eppure il fascino di alcune manifestazioni è innegabile, come la Festa della Madonna di Maggio a Sant'Oreste è indiscutibilmente emozionante e coinvolgente anche per chi vi partecipa da spettatore laico.
Quest'anno le celebrazioni, di solito nell'ultima domenica di maggio, sono spostate al 1° giugno per motivi di concomitanza elettorale.

 Bisogna dire che un po' i santorestesi ci sanno fare, un po' hanno accumulato una lunga esperienza e poi che sono sfacciatamente favoriti dalla bellezza del loro paese: trova un altro luogo che disponga di una montagna da poter incendiare (eh sì, quel che vedi nella foto è il Monte Soratte che va a fuoco!) e di un corso dal panorama mozzafiato dove poter fare una processione al buio, alla quale partecipa TUTTO il paese, le autorità dei comuni vicini, una banda coi fiocchi e tantissimi turisti! Noi che un po' giriamo, non abbiamo avuto esperienze simili: se sai di qualcosa di altrettanto interessante, proponilo nei commenti in fondo alla pagina e noi saremo molto contenti di venire a dare un occhiata e di riportarlo nel nostro blog.